Andy Murray, non senza un pizzico di fortuna, manifestatasi contro Kohlschreiber nei quarti di finale, in cui ha salvato ben 7 match point, vince l’ATP 500 di Dubai e prende il largo in classifica dove adesso vanta, rispetto a Djokovic, un vantaggio di 2215 punti rispetto ai 630 di inizio stagione. I due Masters 1000, che lo vedranno protagonista sul cemento americano, potrebbero trasformare questo vantaggio, già oggi considerevole, in una voragine difficile da colmare. Infatti mentre Djokovic deve difendere 2000 punti, avendo vinto entrambi i tornei lo scorso anno, lo scozzese nel 2016 aveva incassato appena 90 punti per effetto di due terzi turni.
Per Murray la vittoria di ieri, prima volta a Dubai, è la quarantacinquesima in carriera e lo porta a un passo da Laver (nell’Era Open iniziata col Roland Garros del 1968).
Con questo risultato lo scozzese si ha allungato a 12 la striscia di anni con almeno un torneo vinto. Federer è sempre il leader in questa speciale graduatoria anche se la sua serie si era interrotta nel 2015.
Col successo di ieri, Murray è l’unica testa di serie n.1 ad aver vinto in 18 tornei disputati finora quest’anno.
Nell’altro ATP 500 della settimana, disputato ad Acapulco, abbiamo assistito al colpo di coda dell’americano Querrey che, battendo in sequenza tre Top 10 (Goffin, Thiem e Nadal), oltre a Kyrgios in semifinale, conquista meritatamente il nono trofeo in carriera, secondo della categoria 500 dopo quello del Queen’s di Londra del 2010. Era da allora che il tennista americano non vinceva fuori dagli USA. Nel frattempo si era imposto 2 volte a Los Angeles (2010 e 2012) e a Delray Beach nel 2016.
Ad Acapulco Querrey, giocando il suo miglior tennis, ha sorpreso Nadal, che torna in finale in stagione dopo gli Australian Open ma che probabilmente dovrà aspettare la terra rossa per rompere il ghiaccio con una vittoria, che gli manca da Barcellona dello scorso anno. L’ultima finale sul cemento vinta dal maiorchino risale al torneo di Doha del 2014.
Infine nell’ ATP 250 di San Paolo, dove sono giunte in semifinale le prime 4 teste di serie, Cuevas è riuscito a mettere il terzo sigillo consecutivo al torneo che aveva già vinto nel 2015 e nel 2016.
Altri numeri:
3– i match vinti consecutivamente dal bosniaco Dzumhur contro Top 10: Nadal (5) a Miami e Berdych (7) a Montecarlo nel 2016, prima della vittoria al primo turno su Wawrinka (3) ottenuta a Dubai la settimana scorsa.
4– le sconfitte subite da Federer, a partire dal 2005, contro tennisti con una classifica over 100:
6- le sconfitte del russo Donskoy contro Top 10 prima di ottenere la prima vittoria contro Federer.
11-i successi di Kyrgios contro Top 10 a fronte di 17 sconfitte. L’australiano, in gara ad Acapulco, ha battuto Djokovic nei quarti, prima di cedere in semifinale a Querrey che poi avrebbe vinto il torneo.
30– i 6 a zero (bagel) subiti da Fognini in carriera (almeno uno all’anno dal 2007). Solo in cinque occasioni l’italiano ha poi vinto il match. Berdych gliene inflisse due nello stesso match perso in 3 set agli Us Open 2011. Quello subìto in settimana, nei quarti del torneo di San Paolo per mano dello spagnolo Carreno Busta, che è poi approdato in semifinale, è il terzo di Fognini nel torneo brasiliano: i precedenti, entrambi ininfluenti ai fini dell’esito finale dei match, risalgono al 2009 (vs Zampieri) e 2010 (vs Granollers).
38 – i punti giocati nel tie-break del secondo set (20-18) vinto da Murray su Kohlschreiber nel quarto di finale del torneo di Dubai. È il tie-break più lungo della storia nei tabelloni principali del circuito maggiore dal 1991, al pari di altri cinque precedenti finiti con lo stesso punteggio, che hanno visti coinvolti due volte Goran Ivanisevic (nel 1993 agli US Open contro Nestor e nel 1997 al Queen’s contro Rusedski), Federer (contro Safin a Houston 2004), Tsonga (agli Australian Open 2007 contro Roddick), e l’argentino Acasuso (contro Phau nel 2006 al Masters 1000 in Canada).
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