[14] E. Vesnina b. [8] S. Kuznetsova 6-7(6) 7-5 6-4 (da Indian Wells, Diego Barbiani)
Non era scontato, viste le storie che si intrecciavano tra le due finaliste del WTA Premier Mandatory di Indian Wells, avere una finale di ottimo livello. Svetlana Kuznetsova ed Elena Vesnina hanno invece dato vita ad un gran match risultato essere la finale WTA più lunga disputata fin qui in stagione, conclusasi dopo tre ore ed un minuto.
Ha vinto la numero 14 del seeding, coronando dunque una carriera che a 31 anni può dirsi, ora sì, completa. Negli ultimi 12 mesi i risultati ottenuti dalla giocatrice di Sochi sono stati impressionanti, soprattutto se si considera che a febbraio 2016 era scesa addirittura al numero 122 del mondo e che domani toccherà il suo massimo al numero 13.
Nel complesso, però, è stato match molto appassionante. Solo nel primo set si sono contati 45 vincenti in due, mentre sono stati appena 26 i gratuiti con Kuznetsova neppure in doppia cifra su questo dato (8). Vesnina non stava soffrendo la tensione di un appuntamento per lei così importante: una vittoria oggi avrebbe reso il suo curriculum da “semplice” doppista di grandissimo livello con buoni risultati in singolare a giocatrice a tutto tondo, come la sua amica e rivale odierna. Qualche giorno fa Kristina Mladenovic dichiarava che l’aver giocato finali Slam e Mandatory in doppio per tanto tempo la stava aiutando durante la sua corsa qui in California, conclusasi tra l’altro proprio in semifinale contro la numero 14 del tabellone: “È una questione di mentalità: tu entri in campo e senti che quello che stai facendo in singolare, quelle sensazioni e quelle emozioni per un quarto di finale le hai già vissute”. Può essere questa dunque una chiave che ha portato la giocatrice di Sochi, nel primo evento Mandatory in cui supera il terzo turno in tutta la carriera, a non aver timore di fronteggiare la connazionale più esperta, probabilmente favorita, che per il terzo anno di fila raggiungeva l’ultimo atto in un evento di questo tipo.
I primi tentativi di fuga sono proprio di Vesnina, sempre frenati però dal rientro immediato di Kuznetsova. 2-0, 2-2. 4-2, 4-4.
Non era la Svetlana degli ultimi due match, quella che superava con facilità Anastasia Pavlyuchenkova e gestiva con grande bravura Karolina Pliskova. Si faceva sentire meno, era un po’ troppo vittima dell’aggressività di Elena, ma nelle fasi più importanti ha cercato maggiormente il dritto della connazionale, colpo di buon livello, giocato stilisticamente senza problemi, ma il più debole tra i due fondamentali e quello che rischia di “saltare” per primo. La differenza? Tutta nel decimo game, quando Kuznetsova si era portata al servizio sul 40-0. Vesnina ha ricucito il divario mostrandosi sempre aggressiva, colpendo sia di dritto che di rovescio. Sul 40-40 Kuznetsova ha commesso il secondo doppio fallo della partita regalando il primo set point, punto poi sprecato malamente da un dritto colpito male dal centro del campo di Vesnina. La differenza tra il giocare un dritto vincente in fase di rimonta e dover giocare lo stesso colpo sul set point è tutta in una leggerissima, ma importante, fase psicologica. Una volta impattato sul 5-5, il match è poi proseguito senza difficoltà fino al tie-break.
Kuznetsova in questo frangente è stata avanti 4-2 ma Vesnina è rientrata con ottime soluzioni, tra cui un back di rovescio molto corto a cui ha fatto seguito un preciso passante.
Sul 4-4 Kuznetsova ha trovato un nuovo allungo, ma sul 6-4 ha commesso il terzo doppio fallo del parziale, grave quasi quanto quello precedente sul 5-4 Vesnina 40-40. A dimostrazione della fase carica di tensione, i due punti successivi sono stati segnati da poca brillantezza: prima una risposta completamente sbagliata da Kuznetsova, poi un rovescio in avanzamento di Vesnina terminato sotto il nastro. Infine, a decidere un’ora e dieci minuti estremamente piacevoli, un punto quantomai beffardo
Era entrata in grande difficoltà, Vesnina, più che altro da un punto di vista mentale. Con tutte le energie spese, vedersi in svantaggio per un punto così crudele deve esserle rimasto in mente per almeno i primi 4 game del secondo parziale dove ha perso la battuta in entrambi i turni di servizio. Dal 4-1 Kuznetsova, però, la reazione importante che le ha permesso non solo ricucire terreno ma di portarsi al servizio sul 5-4, tornando a colpire in maniera molto decisa soprattutto di rovescio.
Il momento decisivo però ha dovuto attendere ancora un po’, lo spazio di un nuovo scambio di break. Sul set point, 6-5 40-30, Vesnina rimetteva definitivamente il match in equilibrio con un ace esterno.
Il terzo set è cominciato dopo oltre due ore ed un quarto dal primo punto. Entrambe, costrette ad un orario reso molto complicato dal caldo opprimente che si è avvertito lungo tutto il torneo, hanno disputato un set con livelli più bassi rispetto ai precedenti due. Quello che è stato perso in spettacolo, però, è stato guadagnato in agonismo ed equilibrio. Kuznetsova è stata la prima ad allungare, salendo 4-2. Non stava però muovendosi molto bene, continuando un trend cominciato circa 20 minuti prima con i quattro break subiti consecutivamente: settimo, nono, undicesimo game del secondo set, primo del terzo. Vesnina stava tirando il fiato dopo le grandi energie spese per rientrare. Il risultato: una prima metà di terzo set molto confusionaria.
A quel punto la numero 14 del seeding ha avuto ancora energie per rientrare, aggredendo il servizio dell’avversaria e facendo ancor di più sul 4-3, quando ha rimontato da 0-30 decidendo sempre lei i punti, avanzando a rete e sfruttando le grandi doti da doppista sviluppate negli ultimi anni.
Era riuscita fino ad oggi a vincere appena due delle nove finali disputate, entrambe nel 2013 (Hobart e Birmingham). Oggi ha “sbancato”, giocando il jolly più importante.
Un nuovo break sul 4-4, arrivato alla quinta palla break, l’ha portata ad un passo dall’impresa. Impresa che, di fatto, è divenuta realtà con l’ultimo punto, una risposta errata di Kuznetsova.
Il 2016 per lei era stato magico: l’oro olimpico in doppio a Rio de Janeiro, lo US Open in doppio, le WTA Finals di Singapore in doppio, sempre con Ekaterina Makarova al suo fianco. Adesso la sua carriera può dirsi veramente completa, affiancando a questi grandissimi successi anche l’impresa più bella e difficile perché raggiunta da sola, al termine di un torneo in cui ha superato per la prima volta una (futura) numero 1 del mondo, ha eliminato una Williams (Venus) ed una bicampionessa Slam in finale.
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