Mi è sembrato che tu abbia giocato un primo set e poi ti sei dovuto affidare molto di più alla tua seconda di servizio nel secondo.
Sì, è una buona spiegazione. Penso di aver giocato davvero bene nel primo set. Vedevo bene la palla. Penso che Jack non abbia giocato un gran primo set, ma sai, ho trovato il modo di approfittarne velocemente, ho commesso pochi errori e gli ho messo pressione. Il secondo invece è andato come mi aspettavo andasse il primo, prima del match. Era difficile breakkare il servizio di Jack, che è molto pesante. Forse ho un po’ calato il mio livello, anche, e lui ha alzato il suo. E poi, come hai deto tu, mi sono dovuto affidare di più alla seconda di servizio. Sono contento di averlo potuto fare, perché non è che abbia servito granché bene nel secondo. Le cose si sono un po’ complicate, ma sono contento di aver vinto in due set e di essere di nuovo in finale.
Che cosa rende Stan per te un buon avversario per te, specie sui campi in cemento?
Beh, non credo sia “un buon avversario”. Voglio dire, forse ho un buon head-to-head, ma molti di quei match sono vecchi e sono arrivati quando ero decisamente favorito e lui era ancora 30 del mondo, e il suo gioco era basato principalmente sui campo in terra. Tante vittorie sono arrivate lì. Più di recente, penso che abbiamo giocato match molto più equilibrati. È anche stato in grado di fare molto meglio di me per uno o due set anche sui campi, tipo Wimbledon per esempio, anche da qualche altra parte, pure indoor. Per cui, di per sé, non vedo un grande vantaggio. Ha pulito il suo gioco sui campi in cemento. Ha vinto gli US Open. E ora è in finale nei tornei americani, il che dimostra che non è una sorpresa che abbia vinto gli US Open. Penso sia molto bravo a difendersi e a trasformare un punto difensivo in offensivo. Ha migliorato il servizio. Va in fondo in un torneo e costruisce così la sua fiducia. Ed è qui che è più difficile batterlo. Io, dal canto mio, vario molto. Ho un’attitudine offensiva nel DNA. Uno come Stan invece, preferisce avere più tempo, e quindi posso mettergli fretta. Vediamo se mi riuscirà domani.
Conosci già la tua programmazione sulla terra? Credi cambierà in funzone della tua classifica, visto che sei partito molto forte e quindi il tuo ranking è già come volevi che fosse?
No, non conosco la mia programmazione dopo Miami. Quello lo giocherò a prescindere da come va questo torneo. Ma attualmente la classifica non è assolutamente una priorità. Per cui se prendo una decisione dopo Miami, sarà solo in funzione della mia salute, in funzione del fuoco e della motivazione per giocare al meglio i tornei a cui parteciperò. Quello che non voglio fare è giocare troppo, stancarmi dei viaggi e fare un favore alla gente. Non farò così. Voglio che la gente veda il me reale, un giocatore che non vede l’ora di scendere in campo. Questa è una promessa che ho fatto a me stesso: se gioco un torneo, devo avere questa attitudine. Per cui vedremo dopo Miami.
Andy Murray non giocherà a Miami e Novak è a Montecarlo (a far controllare il gomito, NdT). Mi chiedo se pensi di avere chance per chiudere al numero 1 a fine anno.
Beh, visto che non giocherò tantissimo, credo mi serva almeno un altro Slam. Visto che ne ho già uno, credo ci sia la possibilità. Poi sto giocando bene pure qui, al di fuori degli Slam. Ma gli Slam danno tanti punti, è per quello che principlamente ho bisogno di far bene lì. E magari non sarà nemmeno abbastanza, perché Andy e Novak alzeranno il proprio livello, torneranno a vincere tornei. Per cui la loro assenza non cambia le cose nella mia programmazione. Ovvio che mi piacerebbe tornare numero 1, ma la classifica non è una priorità al momento. La mia priorità è restare sano, godermi i tornei che gioco e magari vincerli.
Domani giochi la finale. Hai già vinto 89 tornei. Mi chiedevo se i 100 tornei, o i 109 di Connors, siano un obiettivo nel tuo radar.
Non molto, a dire il vero. Non è un obiettivo raggiungere i 100 tornei. Potrebbe esserlo, sarebbe bello. Ma credo sia troppo presto, ora. Alla fine dell’anno scorso ero contento di essere in salute. Per cui il mio obiettivo era giocare fino a Miami e vedere in che condizioni ero dopo tre o quattro mesi. Di certo non pensavo ai 100 titoli. Ero contento di poter giocare 10 tornei, al limite. Domani posso arrivare a 90, è un bel obiettivo per me e il mio team. Ma le cose possono cambiare. Vediamo tra tre o sei mesi, come sto, se ne ho vinti altri. Le cose vanno molto bene, per ora.
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