È il primo risultato importante, questa semifinale a Miami, da quando Fabio Fognini si è messo a fare il bravo. Evviva! A me il dubbio era venuto… Ma non è che tutti questi psicologi lo stiano sedando? E lo stiano privando di quella nervatura, composta da ansie, voglie di riscatto, insoddisfazioni, frustrazioni, che sì, ovvio, tutte assieme formavano un bel groppo alla gola, ma a turno favorivano le sue sortite spavalde nella terra dei più forti, lì dove si lotta alla pari con loro? Provai anche a porgliela, questa domanda, qualche tempo fa. E lui mi rispose che no, non era meglio prima, come l’interrogativo posto insinuava, perché doveva trovare il suo modo di stare in questo mondo di pallate e di pallettari, o magari il suo modo di stare in questo mondo, tout court.Forse ce l’ha fatta. Ma non per il risultato che ora lo porta a una nuova sfida con Rafa. Per il modo. Perché lo vedo sorridere alla vita, che gli sta tracciando un viottolo a misura dei suoi desideri, con moglie in attesa e figlio in arrivo, e qualche bella soddisfazione da togliersi, a ribadire che Fabio, in questo tennis, ci sta largo, comodo, perché ha colpi che ad altri non vengono in mente, ammesso che poi li sappiano eseguire. E così, “Nina, non torno”, lo vedi scrivere sul vetro degli autografi in diretta tivvù, nuova forma di sms domestico spedito via etere, senza fili, e anche senza telefonino. Ed è curiosa la sintesi che Fabio riesce a fare con appena tre parole. È curioso quel Nina, così romanesco, che non ti aspetti da un ligure di Taggia. Nina, Ninetta, è la ragazzina eterna “de Roma nostra”, dove tutte sono Nine, anche quelle che si chiamano Debborah, Katiuscia, o Chanelle. E poi, “non torno”, a esprimere l’incanto della sorpresa, lui che di ritorni affrettati ne ha fatti sin troppi.Ma non questa volta. Nella quale, a badar bene, ha messo già insieme un pacchettino niente male: seconda semifinale Masters 1000, dopo quella di Monte-Carlo nel 2013, la prima di un italiano nei super-series americani; il ritorno nei primi trenta della classifica già assicurato; il ritorno anche al numero uno d’Italia, per quel che conta; e la seconda vittoria su un Top Five, ieri Nishikori (un po’ azzoppato, ma peggio per lui), l’altro ieri Nadal, battuto tre volte di fila nel 2015. Proprio Rafa che andrà a sfidare sabato per vedere se una finale (magari contro Federer) è davvero possibile. Certo che lo è. E sarebbe anche una gran bella finale. Ma c’è Rafa, e vabbè. Aspettiamo. Ma un Fognini così rincuora, e ne sono felice.
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