Tennis Match

Alta definizione: Federer e la rivoluzione silenziosa di Ljubicic

Tutto su Federer e sul suo diciottesimo Slam su Tennis Match in uscita in edicola intorno al 20 febbraio. Articoli di Azzolini, Torromeo, Posteraro e D’Adamo, oltre a quello di Stefano Meloccaro che vi anticipiamo, di seguito, su Ok Tennis. Sessanta pagine sugli Australian Open, con interviste a Moya, Ostapenko, Blinkova, profili su Dimitrov e Coco Vandeweghe, e uno speciale con le venti più incredibili finali Slam terminate al quinto set.

Il film proiettato in Australia domenica 29 gennaio 2017 merita riconoscimenti a pioggia, Oscar e Golden Globe di imperio, senza manco attendere i prossimi tornei. Una pellicola definitiva, successo di critica e pubblico difficile da superare nei secoli a venire. Presi uno per uno, sia Federer che Nadal hanno ancora possibilità di arrivare in finale di Slam, questo è sicuro. Immaginare che possano farlo di nuovo assieme forse è un po’ troppo.

Nella speranza di essere ancora smentiti (li avevamo dati per defunti più volte) potremmo chiudere qua il ragionamento. Ma resta un’ultima nota a margine, per evidenziare una volta di più il nome di Ivan Ljubicic e il suo ruolo nella resurrezione di Roger Federer. Si ritiene – per certi versi a ragione – che RF sia una divinità, e notoriamente Dio non ha mai avuto bisogno dei consigli di nessuno. L’interrogativo in proposito degli appassionati era certo legittimo: cosa mai potrai suggerire  – per quanto bravo tu sia – ad uno che ha vinto 17 Grand Slam e va ormai per i 36? Questione di centimetri, mi permettevo di suggerire. E lo scrissi anche su queste colonne. Pochi ma fondamentali centimetri, che a quel livello fanno la differenza. Gli accadimenti australiani, finale in particolare, hanno confermato che ognuno di quei centimetri era di incalcolabile valore.

Amici, Ivan ha messo in atto una rivoluzione silenziosa. I sei mesi di pausa agonistica, con conseguente reset generale di sistema,  gli hanno addirittura permesso di lavorare meglio. Giorno dopo giorno, palla dopo palla, con tutta la calma imposta dai tempi dilatati, Ljubo ha modificato i meccanismi secolari  nella mente del Re. Il risultato è sotto gli occhi di tutti, ed è strabiliante. Ho trascorso molte ore a fianco del futuro allenatore di Roger, guardando partite e discutendo con lui, prima durante e dopo ogni singolo match, di cosa avrebbe dovuto fare (e cosa no) Roger per utilizzare al meglio il suo potenziale.

Ero a fianco di Ljubo durante Wimbledon 2012, ultimo Slam timbrato Federer  prima di AO17, e in molte occasioni successive. Studiava, memorizzava, ragionava ad alta voce. L’ho visto soddisfatto per ogni singolo punto ben giocato, poi sbattere (letteralmente) la testa contro il tavolo per la frustrazione di un quindici perso da Roger a causa di una scelta sbagliata. Proverbiali i suoi: “DI LAAAAAAAAAAAA’!!!” dimenandosi  verso lo schermo quando Rogi tirava lungolinea invece che incrociato, o viceversa. Ecco perché mi fa molto ridere oggi vederlo sfingeo in tv durante i match. Prima di diventare il suo allenatore, Ivan è stato collega, amico, confidente, estimatore, appassionato e capo tifoso di Federer, questo conta moltissimo.

Con tutta la naturalezza del caso, oserei dire con amore, lo ha pian piano indotto a modificare approccio tattico e posizione in campo, quei famosi centimetri. Un esempio su tutti, la diagonale dell’eterno dolore: dritto Nadal su rovescio Federer. Quella che nei secoli ha addotto infiniti lutti a Roger e tutti i suoi adepti.

Durante la finale, Federer ha giocato sempre e solo d’anticipo, piedi sulla riga di fondo e braccio in decontrazione. Come d’incanto, quella diagonale la comandava lui, da non credere! Il back si è visto solo come estrema soluzione difensiva o espediente tattico, a stanare Rafa dalla sua confort zone. Lo stesso dicasi per la risposta al servizio (sempre coperta) e per la maggior parte delle scelte offensive. La legge del controbalzo, applicata senza fare sconti, alla fine ha pagato, eccome.

Il capolavoro di Ljubicic è stato proprio questo: convincere Federer che tutto ciò fosse obbligatorio, oltre che necessario. Certo, un’impresa sportiva così grande richiede il concatenarsi di tanti fattori ulteriori: un buon tabellone, la superficie più veloce, le sconfitte premature dei big e last but not least  l’immensità rogeriana. Ma statemi a sentire, il 18esimo Slam di Roger è anche (molto) merito del mio amico Ivan. Del resto, se Roger gli ha consegnato la coppa pubblicamente a fine premiazione, un motivo ci dovrà pur essere stato.

Stefano Meloccaro

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