Sono settimane un po’ così, con quel tennis un po’ così…la sbornia australiana è ormai finita da un pezzo e l’appassionato di racchette vaga tra video dei migliori punti di Federer, uno sguardo più o meno distratto ai tornei della settimana, ben consapevole che i più forti sono ai box, notizie di stampo gossip come i servizi fotografici della Bouchard e di Serena Williams e la valanga di commenti e analisi che hanno circondato la sconfitta in Fed Cup delle nostre portacolori.
Appunto, la sconfitta in Fed Cup. Scorrendo il risultato balza agli occhi l’ovvio, prima o poi doveva accadere e se non segui il mondo del tennis da ieri scatta l’associazione mentale più scontata: partiranno le polemiche contro la federazione, la mancata programmazione del cambio generazionale, il successo del quartetto che è al giro finale non sfruttato per creare un movimento, strutture, centri tecnici. Scopri anche che qualcuno si è preso la briga di scrivere nel dettaglio come abbia funzionato la struttura di Forlì, complimentandosi per il buffet. Ah, perfetto, se il cibo era abbondante e di qualità… evviva l’Italia. Al di là della battuta, però, tutto vero, tutte le critiche hanno un fondamento ma restano due perplessità. La prima è che tutte queste parole fossero già state spese in passato, più o meno recente, tanto che scorri le analisi anticipandone i contenuti, la seconda più grave. Possibile che a nessuno venga in mente che, in fondo, quattro giocatrici come Pennetta, Schiavone, Vinci ed Errani, capaci di andare oltre il loro limite per carattere e abnegazione siano state una grande botta di fattore C? In altri termini, puoi programmare, costruire e gestire meglio e senza dubbio il tutto porterebbe dei risultati, ma i campioni, quel mix di talento, dedizione al sacrificio e singolarità, sono come il genio che irrompe nella società chiusa di Bergson, non sono prevedibili, non puoi costruirli. Quattro insieme, poi, sono davvero un enorme caso fortuito. Non si vogliono negare i difetti della federazione, ed è vero che creare un terreno fertile per il campione può aiutare a farlo nascere, ma il tennis resta uno sport di estrema individualità, in cui il tutto ha principio e si esprime nel singolo, con un fattore X ignoto che nessuno può trasmettere dall’esterno. Non nascondiamoci dietro a un dito quindi, se sei abituato a mangiare bene, non cambi facilmente abitudine; il pubblico e gli addetti ai lavori avrebbero fatto fatica anche ad accettare un gruppo di buone giocatrici, un gradino sotto le nostre Fab Four per intenderci, se i risultati non fossero venuti.
In questo contesto si parla sempre, oltre al clamore della squalifica, lasciamo ad altri luoghi il giudizio sull’affaire, di Camila Giorgi e delle sue potenzialità. Ora, la Giorgi è pro ormai da undici anni, ha ancora senso sperare e spendere parole su una sua esplosione definitiva e su un cambiamento del padre? Insomma sul tema “Italia femminile e Fed Cup” molti libri potrebbero essere più corti, se in realtà già non lo fossero, come diceva un tale di Koenigsberg. ( A proposito, i grandi e perfetti tedeschi, da quanti anni aspettano gli eredi di Becker, Stich e Graf? Non parliamo della Kerber, per favore.)
Per vincere tale noia (massima stima comunque per chi non molla contro i sordi), allora, se per due sere hai la grazia di avere un paio di mezz’ore libere ti butti sul torneo principale della settimana, Rotterdam, più perché di tennis non ne puoi fare a meno che con la speranza di vedere chissà che. Invece, mezz’ora di Thiem-Zverev e un’altra mezz’ora di Istomin-Dimitrov, a sorpresa, ti regalano qualità tanto alta quanto inaspettata, vedasi su tutto il rovescio con cui l’austriaco si porta a match point e i primi tre giochi del secondo set di Dimitrov, dove Istomin stesso, pur sotto nel punteggio, spinge, attacca e diverte.
Escludendo la favola Federer e poco altro, gioco migliore di quanto visto nell’intero Australian Open. Forse a questi ragazzi manca solo la capacità di esprimersi mentalmente quando davvero conta, perché le giocate sono davvero pregevoli. Sorge spontanea la domanda, per Thiem di più ma anche per gli altri: ha un senso andare a svuotarsi di energie in questi tornei per arrivare poi cotti sui palcoscenici più importanti e lasciare strada ai soliti noti? Zverev stesso, d’accordo è giovanissimo, ma il suo cammino di predestinato appare sempre più chiaro. Ha appena vinto un torneo, fermarsi un attimo prima di Indian Wells? Magari per migliorare il gioco di rete che appare ancora molto grezzo?
Un bimane di quella potenza con grandi capacità di tocco…che sogno! Ma non è un sogno, c’è già stato, si chiama Marat Safin. Oltre ai video di Roger, guardate anche i suoi, fatti salvi gli amanti del genere, è molto più interessante dei servizi fotografici in costume delle stelle WTA.
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