Dei 167 titoli in carriera, Martina Navratilova ne ha ottenuti 12 nel defunto torneo di Chicago denominato Virginia Slims. Una striscia impressionante cominciata nel 1978, a 22 anni, e conclusasi nel 1992 quando di anni ne aveva ben 36. Solo 3 volte, in questo lasso di tempo, la leggenda del tennis femminile non è arrivata in finale: 1984, quando a contendersi il titolo furono Pam Shriver e Barbara Potter; 1985, quando arrivarono all’ultimo atto Bonnie Gadusek e Kathy Rinaldi, attuale coach della squadra femminile di Fed Cup statunitense; 1989, quando si affrontarono Zina Garrison e Larisa Savchenko.
Nel 1994, all’età di 38 anni, Martina aveva annunciato che quello sarebbe stato l’ultimo anno da professionista in singolare e durante uno degli appuntamenti preferiti del suo calendario è arrivata una battuta d’arresto dolorosa quanto inaspettata. La grande campionessa è stata fermata infatti ai quarti di finale da una appena diciottenne Magdalena Maleeva, bulgara, che 12 mesi più tardi tornerà su questo palcoscenico per aggiudicarsi il titolo e quel giorno, l’11 febbraio del 1994, eliminava la tennista più vincente della storia.
6-4 6-3 il punteggio conclusivo che faceva il paio con il successo agli ultimi US Open, eppure Navratilova si era vendicata aggiudicandosi (comodamente) i 2 precedenti prima di quel giorno. E dopo l’ultimo rovescio sbagliato, le salì l’enorme dispiacere nel sapere che la sua storia d’amore con quel torneo era giunta al termine. Non avrebbe più varcato quella porta, non avrebbe più camminato su quel campo dove aveva sollevato per 12 volte il trofeo. Fu talmente presa dal momento che uscì dal campo dimenticandosi che gli organizzatori avevano in serbo una piccola cerimonia in suo onore, per celebrarla e ringraziarla. “Se questo torneo ha voluto dirmi qualcosa – dirà poi – sarà che piangerò al termine di ogni match che giocherò quest anno”.
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