Che poi anche basta con i predestinati. Basta con il destino, che nello sport non vale niente. Basta con le aspettative, che spesso non c’è nulla da aspettare o si aspetta qualcosa di sbagliato. E si muore dentro, giorno dopo giorno. Aspettando, non prendendo nessuna strada.
C’è stato anche un tempo, nemmeno troppo lontano, in cui Dimitrov lo si etichettava addirittura come “Mr Sharapov”; a lui non è mai pesato o forse, più semplicemente, non lo ha mai dato a vedere. Fin troppo gentile, educato e pacato il bulgaro, che con Maria Sharapova ha vissuto una storia importante, poi finita. Come capita a tutti, ma lui il dito lo ha sempre avuto puntato contro. Le donne poi a Grigor non sono mai mancate: archiviata la russa, è arrivata Nicole Scherzinger, cantante delle Pussycat Dolls, e già qui potremmo fermarci. O forse ricordare qualche chiacchiera di gossip con Serena Williams ma non è questo il punto. Il punto è che questo è sempre stato oggetto di critiche e sfottò: non vinci più? E tu accompagnati a queste donne Rambo (cit.)… Sbagli un rovescio? Non pensi più al tennis. Ti chiamavano Federer e sei più o meno Gasquet? È solo colpa tua.
La colpa forse non è di nessuno o semplicemente a monte c’è un grosso equivoco: Grigor Dimitrov ha talento, certo, ha parecchio talento. E’ un fenomeno? No, non lo è.
Perché ha dei limiti più evidenti di chi vince gli Slam a ripetizione, di chi con la testa sta sempre attaccato alla partita, di chi sa credere nella vittoria, vede prima il gioco, colpisce in modo definitivo. Dimitrov non ha tutte queste qualità o meglio, non le ha completamente. In certi casi, forse, semplicemente gli manca il coraggio per esprimerle e non è qualcosa che si impara a fare.
Gli errori di Dimitrov sono stati di valutazione, di direzione: ma chi non si perde lungo la strada? Specie se il giudizio che hai di te stesso è viziato da tutte quelle chiacchiere attorno. E allora capita che stai con Rasheed e hai lasciato la scuola svedese, che così è più semplice stare in Florida, ottimizzare tutto; d’altronde c’è anche una vita che va vissuta.
Le scelte si sa, si pagano; poi però si superano anche.
È difficile per un giocatore che è già stato lì, tra i primi dieci, nell’Olimpo del tennis mondiale, dover ricominciare tutto da capo, stringendo i denti. Sapendo di essere capace di altro ma tornare alle basi perché è necessario. Tornare alle basi significa tornare a capire che il tennis è soprattuto quello che ami, non soltanto quello che negli ultimi tempi ti ha riservato delusioni, fallimenti, rompicapo. Invece da troppo tempo è diventato qualcosa che quando apri gli occhi vuoi dimenticare perché ti dà anche un po’ fastidio ammettere a te stesso di non avercela fatta e trovare la voglia di reagire a questa debolezza. Poi continui a giocare e tutto ti scivola addosso: umiliazioni, sconfitte, ranking, viaggi, fatica. Tutto troppo facilmente. Lo ammette il bulgaro:
“Questo periodo però è stato di grande aiuto, come una curva nel tuo percorso nella quale impari molto. Nell’ultimo anno e mezzo tante domande hanno affollato la mia mente, su cosa fosse meglio fare e come farlo, soprattutto; e allora mi sono detto che sì, questo è quello che voglio fare, il tennis è la mia vita. Da lì sono ripartito”.
Che non vuol dire che questa sia la strada definitiva, quella che non cambierà mai: è una ripartenza. Forse non è Dani Vallverdu quello che occorrerà a Dimitrov per tornare al livello che gli compete ma è un inizio ed è un inizio verso i giusti obiettivi, scalino dopo scalino. Trionfo a Brisbane in finale contro Nishikori e quarti di finale a Melbourne sono quasi due rampe di scale, dopo le sconfitte da Schwartzman e compagnia “operaia”.
Che respiri di nuovo dopo esserti lasciato alle spalle i pesi di scelte e giudizi affrettati. Che importa di quello che accade, alla fine fai quello che ami.
E chissà che come tanti, Grigor non trovi il tennis della sua vita oltre la vera gioventù.
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