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Kyrgios aspetta e spera, Federer come Nadal 2015?

Come direbbe Fantozzi dopo aver visto 300 chili di pane a casa sua, dovremmo essere tutti colti da un “leggerissimo sospetto”. Nel caso del Ragioniere, il sospetto in questione era quello che la signora Pina avesse una cotta per il panettiere (il leggendario Cecco made in Diego Abatantuono), nel nostro caso che forse, chissà, Nick Kyrgios non è esattamente la nuova speranza del tennis mondiale, il futuro numero uno del mondo, colui che spezzerà l’eterna egemonia dei vari Djokovic, Murray e così via. La prestazione dell’australiano contro un comunque eroico Andreas Seppi, autore di una prova straordinaria per tenacia e date le sue condizioni fisiche non certo al top, è al limite dello scempio. Primi due set giocati benissimo, poi chissà cosa gli deve essere passato per la testa, e la luce si è spenta. La lampadina e gli ingranaggi si sono riassestati parzialmente nel quinto set, ma lì Andreas, un vero specialista del genere, ha tenuto duro e bye bye Kyrgios, sarà per la prossima volta. Già, ma quando? “Aspetta e spera, che poi si avvera”, cantavano nell’indimenticabile “Indietro Tutta” di Arboriana memoria.

Due anni e mezzo fa in tantissimi credevano in questo australiano dal gioco spettacolare, dal carattere attira-media e dal comportamento da bad boy, adesso gli stessi che lo incensavano e donavano investiture gloriose future, stanno rapidamente cambiando idea. Ora, Kyrgios ha 22 anni, e ormai dovremmo esserci resi conto che i 22 anni di adesso non sono i 22 anni dei vari Federer, Nadal, Djokovic e compagnia bella, tutta gente che aveva già vinto slam e stazionava stabilmente in vetta al ranking. Però insomma, il dubbio viene. Il problema di una promessa, per quanto bella e affascinante, è che può rimanere tale. Un rischio, certo, a cui siamo tutti più che abituati: elencare tutti quelli che promettevano faville e poi non hanno mantenuto le aspettative sarebbe inutile e si perderebbe davvero troppo tempo. Indubbiamente però nel caso di Nick, quel rischio potrebbe materializzarsi in breve tempo. Speriamo di no, ma i sintomi che quella promessa sia un po’ truffaldina, ci sono.

Seppi oggi ha fatto valere semplicemente quello che ha imparato, a forza di sacrifici, di vittorie, di sconfitte e di delusioni, nel corso degli anni. Si è presentato, come detto, non in perfette condizioni fisiche e da netto sfavorito contro Kyrgios, e ha sfruttato come meglio non poteva tutto ciò (tanto) che gli è stato concesso. E poi al quinto set, bhè, si è veramente in “Seppi Zone”. Tanto di cappello comunque a questo ragazzo di 33 anni, appena sposato, reduce da una luna di miele con tanto di barba alla “Cast Away”, che vuole ancora crescere. E ora al terzo turno Darcis. Non impossibile, tanto da fargli sognare persino un ottavo di finale qui. Come due anni fa, dopo aver battuto Federer. E aver perso, guarda caso, contro Kyrgios, dopo essere avanti due set e con un match point sprecato nel quarto. A volte ritornano.

E a proposito di ritorni, venerdì avremo una risposta attendibile sul livello del Federer attuale, vincitore contro un (ottimo) Rubin. Se lo svizzero è quello visto nei primi due turni, non c’è da aspettarsi granchè di buono contro Tomas Berdych, uno che non ha certo nel cuore tenero la sua dote migliore. Una cosa simile il ceco l’ha vissuta due anni fa, nei quarti di finale contro Nadal. Lo spagnolo fu letteralmente brutalizzato da Berdych in tre set, spazzato via dal campo. Il timore, per i tifosi di Federer, è appunto quello di vedere in campo una cosa così. Già all’ex numero uno del mondo Berdych, anche in condizioni ottimali, non è che vada esattamente a genio, figurarsi con questo scenario. Contro Rubin il recordman di slam vinti non ha giocato benissimo, ma questo ci sta. Forse, però, si aspettava qualcosa di meglio da lui stesso. La sensazione è che il bandolo della matassa, in questo momento, sia veramente lontano dall’essere sciolto, ma ci vuole pazienza. Da parte nostra, appassionati e addetti ai lavori, e anche (soprattutto) da parte sua. Di certo è che venerdì si farà un primo bilancio. Sia lui, sia noi.

Luigi Ansaloni

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