Il mondo lo sta già aspettando da anni senza che lui lo sappia, per la precisione dal 6 luglio 2008. Nell’istante in cui Rafael Nadal profana la sacra erba dell’All England Club alzando al cielo prima le mani e poi la coppa, il mondo ha cominciato a cercare. È bastata la vista dello svizzero preferito nel suo tradizionale cardigan bianco reggere un piatto d’argento fino a quel momento utilizzato solo a tavola (nella migliore delle ipotesi), per far scattare un timer nella testa di tutti. Il mondo ha bisogno di un nuovo Federer.
Il giorno seguente, la classifica recita Grigor Dimitrov nato ad Haskovo (Bulgaria), 17 anni, numero 744 del mondo. Siamo un po’ lontani, ma pazienza nessuno “nasce imparato”. La crescita è costante e quel numero così orrendamente vicino a 1000 comincia ad abbassarsi, levigarsi. Il 2010 termina con Dimitrov alle porte della top100, grazie a 3 titoli ITF, ma soprattutto a 3 titoli Challenger. Il primo posto in classifica è ora distante solo 105 posizioni, nulla in confronto alle più di 600 scalate. Il problema non sono effettivamente i numeri, ma i giocatori dietro quelle cifre. Sarà meglio scegliere un obiettivo più alla sua portata, la top50.
Dimitrov inizia a limitare le sue apparizioni nei Challenger e per questo se ne aggiudica appena uno. Sta provando il salto nel circuito vero, quello dei campioni, quello dove stanno i numeri uno. I risultati non sono esaltanti, ma Dimitrov dà la sensazione di potersela giocare con i migliori. Serve tempo e che nessuno metta fretta a questo diciannovenne.
Nel 2012 sconfigge in tre set Tomas Berdych, trovando la prima vittoria ai danni di un top ten. Si comincia a parlare di lui, la strada è segnata, il paragone con Federer dietro l’angolo. Ma che parlino pure, lo svizzero è ancora lontano e probabilmente Grisha sa di non poter ancora stare là, in alto. Raggiunge, intanto, la sua prima semifinale in un torneo ATP, al Queen’s sull’erba amica. Due settimane dopo, Federer vince il sesto titolo a Wimbledon in un’atmosfera di commozione che sa di rimpatriata, di reunion. Il diciassettesimo Slam, l’ultimo.
Dimitrov chiude l’anno da numero 40 del mondo, ma ormai è opinione comune che manchi sempre meno. Il ragazzo ha solo bisogno di un pizzico di tempo, poco davvero. Dopo aver messo in fila una semifinale dopo l’altra arriva finalmente all’atto finale del torneo, a Brisbane. Ha già vissuto giornate come queste alla luce dei vari Slam vinti nel circuito juniores, ma stavolta è diverso. Davanti a lui c’è il numero 3 del mondo Andy Murray, fresco vincitore di medaglia d’oro a Londra, e degli US Open. Non sfigura Grisha, ma l’avversario è ancora proibitivo ed Andy la porta a casa per 7-6(7) 6-4. Non arriva ancora la soddisfazione di alzare di nuovo un trofeo, ma i fatti sono dalla sua parte. Fa match pari ancora con Murray, con del Potro e a Nadal strappa anche un set sulla terra di Monte-Carlo. Il Rafa Nadal che sarebbe tornato grande vincendo il “solito” Roland Garros, ma soprattutto gli US Open, annichilendo Djokovic.
Proprio il serbo è la successiva vittima di Dimitrov, sulla terra di Madrid. Tre set di lotta con il numero 1, infarciti di due tiebreak, sono la dimostrazione che il bulgaro non è solo eleganti rovesci a una mano, ma anche lotta e determinazione.
I miglioramenti sono concreti e lo portano ad alzare il primo trofeo a livello ATP, a Stoccolma, sconfiggendo il numero 3 del mondo David Ferrer.
Nel frattempo Federer ha stupito tutti, ma in negativo. Dopo aver nascosto i suoi problemi sotto tappeti di risultati, questi sono venuti tutti fuori nel posto meno adatto, il Centrale di Wimbledon. Lo svizzero ha mal di schiena e non riesce a disfarsi di Sergyi Stakhovsky anzi perde 3 set a 1, subendo la rimonta dell’ucraino. Siamo al secondo turno. Perde successivamente da tennisti, che fino a poco prima avrebbero fatto partita pari con lui solo alla playstation, quali Brands e Delbonis e arriva al torneo casalingo di Basilea con mille dubbi e perplessità.
È in quest’occasione che avviene il primo incontro tra lo svizzero e il bulgaro, campione e sfidante, passato e futuro. Ci si aspetta di assistere ad un passaggio di consegne, con il nuovo mattatore che riceve dall’anziano maestro il diritto di diventare finalmente grande. La tempesta perfetta, un battesimo della racchetta. Sarebbe suggestivo assistere a tutto ciò, ma Roger Federer non è ancora pronto a lasciare le scene e regola il bulgaro 6-3 7-6(2). Poco male, il tempo c’è e Grisha chiude l’anno da numero 23 del mondo.
Il 2014 si apre con una grande novità nel box del bulgaro, ovvero la presenza di Roger Rasheed. Il coach australiano è noto per il grande lavoro che svolge sul piano della preparazione atletica, anche se Dimitrov avrebbe maggiormente bisogno di imparare a giocare più dentro al campo. Il bulgaro ha talento ma è a volte troppo conservativo nell’atteggiamento in risposta e spesso sta con i piedi lontani dalla riga di fondo. Questa scelta solleva grossi dubbi su quanto Grigor Dimitrov abbia realmente bisogno di Roger Rasheed.
L’anno comincia con i quarti agli Australian Open e la vittoria dell’ATP 500 di Acapulco. Il bulgaro appare esplosivo e capace di difendere lateralmente il campo con grandi recuperi, anche in spaccata. A non convincere del tutto è la frequenza di tali fasi difensive, che dovrebbero essere ridotte al minimo per un giocatore dalle caratteristiche spiccatamente offensive come lui. Arrivano nel frattempo altri due trofei a Bucarest e al Queen’s. Va molto bene anche a Wimbledon, dove si arrende solo a Djokovic in semifinale, dopo aver eliminato il campione in carica Andy Murray. Avesse battuto il serbo, si sarebbe trovato faccia a faccia con Roger Federer e tutte le solite considerazioni sarebbero state riproposte. Il loro incontro è solo rimandato, in quanto i due si incrociano nuovamente a Basilea. Lo svizzero tornato numero 2 del mondo, ha giocato una grande stagione ed è andato vicino a vincere il diciottesimo Slam sull’erba di Wimbledon. Dimitrov ha però un anno di esperienza in più, in cui è arrivato anche ad essere numero 8 del mondo. Le premesse sono simili, la sostanza la stessa. Federer vince facile in due set e Dimitrov deve ancora incassare. Una sconfitta che fa male col bulgaro che comincia a diventare troppo falloso di rovescio e che sembra non abbia chiaro il da farsi. Dimitrov ha trovato grande reattività atletica grazie al sodalizio con Rasheed ma è ormai chiaro che l’australiano non abbia nient’altro da dargli. L’unico a non rendersene conto è Grisha, che conferma il coach.
Inizia la stagione accumulando sconfitte su sconfitte e giocando sempre più dietro. I colpi che si insaccano in rete si moltiplicano soprattutto dalla parte sinistra. Gioca sempre di più il back di rovescio, non per una particolare chiave tattica, quanto per la paura di sbagliare. Si presenta a Wimbledon dove perde in tre set contro Richard Gasquet, riuscendo nell’impresa di giocare ancora più dietro di quanto faccia il francese. Passa qualche giorno e poi l’annuncio, Roger Rasheed non è più il coach di Grigor Dimitrov. Resta senza coach fino a settembre quando inizia la collaborazione con Franco Davin. Nel frattempo perde un’emblematica partita agli US Open al secondo turno, contro Michail Kukushkin. Il bulgaro va a sprazzi e commette molti errori. Sa che deve comandare lo scambio, ma non riuscendo a sfondare, finisce con lo sbagliare. Sa che non deve sbagliare e s’incarta con il rovescio in manovra. Chiude la stagione al numero 28 allontanandosi dolorosamente dalla top ten che aveva raggiunto.
L’allenatore è cambiato ed effettivamente le cose si modificano, anche se in peggio. Perde ancora con Federer, raggiunge una finale a Sydney ma si deve arrendere a Troicki, ma è sicuramente ad Istanbul in finale contro Diego Schwartzman che fornisce la peggior prestazione di sempre. Un misto tra la frustrazione di chi non becca un numero a tombola e la rabbia di chi vede il collega stupido prendere un ottimo voto imparando tutto a memoria. Il 6-0 al terzo set matura con un game di penalità per aver spaccato l’ennesima racchetta. Da applausi. Il pubblico invece lo fischia brutalmente e il piccolo argentino, piuttosto imbarazzato, va a stringergli la mano non sapendo bene come comportarsi. Dopo tale teatro, quattro primi turni, terzo turno a Wimbledon e ciao Davin.
A Toronto nel box del bulgaro, c’è ora Dani Vallverdu. Il venezuelano sembra lavorar bene con Grisha e lo testimoniano i quarti di finale raggiunti, seguiti dalla semifinale a Cincinnati e dalla finale a Pechino. Gioca in modo diverso Dimitrov, più improntato all’attacco anche se non ancora solido come vorrebbe. Sembra la fine dell’incubo e magari l’inizio di qualcosa di importante per questo 2017, da molti considerato come l’anno che cambierà i protagonisti del tennis a cui siamo abituati.
Il recente trionfo a Brisbane di Dimitrov è arrivato insperato. Il bulgaro ha marciato a fari spenti mettendo K.O. in semifinale Raonic e in finale Nishikori, mostrando un tennis aggressivo, solido e con pochi errori. La tenuta atletica c’è sempre stata e le basi per un anno interessante ci sono tutte. Spegnerà 26 candeline a maggio il bulgaro e il peso di dover essere Federer è svanito col passare degli anni, soffio dopo soffio. Il mondo ha ormai capito che non lo diventerà mai e da oggi il bulgaro potrà semplicemente essere Grigor Dimitrov.
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