L’edizione degli Australian Open del 1987 fu quella dell’addio all’erba e al leggendario Kooyong Stadiu: fu infatti l’ultimo anno prima del trasferimento al cemento di Flinders Park. Anche se la fama dello Slam australiano era ancora almeno un passo indietro rispetto agli altri tre, a Melbourne si presentò tutto il meglio del tennis mondiale. Compreso Boris Becker, a soli 19 anni già due volte campione di Wimbledon e testa di serie numero 2. Il tedesco si era già fatto conoscere per il suo comportamento in campo, esplosivo quanto il suo tennis, ma nella partita di ottavi di finale contro Wally Masur rivelò al mondo il suo vero carattere.
Il tedesco era stato per due volte avanti di un set, ma l’australiano – classico attaccante vecchia scuola – non si arrese e forzò la partita al quinto parziale. Becker fu accusato dall’arbitro di ricevere segnali dal suo coach Gunther Bosch e per tutta risposta iniziò a sputare acqua e a lanciare palle verso il giudice di sedia. Dopo l’ennesima chiamata dubbia, finì per scuotere fisicamente la sedia dell’arbitro e per distruggere tre racchette. Intanto la partita era finita in tasca a Masur col punteggio di 4-6 7-6 6-4 6-7 6-2.
“Non riuscivo né a rispondere né a servire e improvvisamente ho perso la calma – dichiarerà Boris – Poi ho subito alcune chiamate sbagliate e questo mi ha fatto completamente impazzire”. Una multa di 2000 dollari sembrò un provvedimento fin troppo tenero per le mattane del giovane tedesco.
Masur proseguì in quel torneo fino alla semifinale persa contro Edberg, il futuro vincitore. Il 1987 per l’australiano si concluderà però con un terribile delusione: nella semifinale di Coppa Davis giocata in casa sull’erba di Syndey contro l’abbordabile India, Wally perse entrambi i singolari contro Vijay Amritraj e Ramesh Krishnan (l’ultimo decisivo sul 2-2) contribuendo alla clamorosa eliminazione del suo team.
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