Prima o poi qualcuno se la sarebbe messa in testa, quell’idea meravigliosa. Ci avrei giurato, e lo dico con un certo gusto, con un certo tono di rivincita, in realtà contro niente e contro nessuno, o forse contro il mondo che va sempre e solo in una direzione.
Prima o poi, dicevo, qualcuno se lo sarebbe chiesto, se non fosse il caso di riprovarci con l’antico, classicissimo, serve and volley. Ma sì, quello di una volta, il gioco dell’elastico, dei raid, del batti e scendi a occhi chiusi, del tennis in verticale. Il tennis che parte da una semplicissima sfida… Ma se io ti faccio così, tu come mi rispondi?
Ecco appunto, come risponde Andy Murray, il noto ribattitore che tremare il mondo fa? Risponde a cavolo. O meglio, risponde come se non avesse nessuno, là davanti, che gli viene incontro. Risponde come hanno imparato a fare tutti i giocatori in tutti questi anni, durante i quali il serve and volley è diventato un orpello inutile, da tirare fuori giusto per imbastire qualche geometria buona a strappare gli applausi dei nostalgici.
Ed ecco che Mischa Zverev lo tira fuori, d’improvviso, l’antichissimo schema tattico, e si mette a giocare esattamente come facevano un Alexander, un Dent, un McNamara, tanto per non scomodare i sublimi canguri che hanno fatto la storia del tennis. Ne fa il suo nuovo credo, il tedesco, e va all’assalto di Murray senza dargli il tempo di giocare un solo scambio. E succede il finimondo. Andy comincia a sragionare, a stravedere, a inveire verso il suo angolo, ma evita di correggersi in corso d’opera, non è abituato a farlo, nessuno dei suoi mille coach glielo ha mai spiegato. Le risposte dritte per dritte vanno bene a campo aperto, anzi, più robuste sono, meglio è… Ma figlio benedetto, se hai qualcuno che ti viene in avanti, cerca un angolo, no? Oppure abbassa la traiettoria, di modo che la palla gli vada sui piedi… O vuoi davvero mettergli il colpo sempre a portata di racchetta?
Ha scelto la terza soluzione, il numero uno. E ha sempre risposto in modo che Mischa potesse tentare la volée, e spesso chiuderla.
E vabbè, che possiamo farci? Fermate il tennis, il nostro sport è finito gambe all’aria. Djokovic liquidato dal medicinale Istomin. Murray beffato dallo svolazzante Mischa che, da quando ha scoperto di avere un fratello predestinato, s’è rimesso in gioco, e sta ottenendo risultati preziosi.
Dunque, sarà “il fratello grande di quello che un giorno sarà il numero uno” ad affrontare Federer nei quarti, e stavolta, toccherà allo svizzero giocare da favorito. Non lo era con Berdych, e lo ha schiantato (il teatrino di occhiate fra Tomas e coach Ivanisevic, sembrava una pièce da teatro giapponese, con il giocatore che chiedeva che cavolo fare e l’altro che rispondeva “e che cavolo ne so”), e non lo era nemmeno con Nishikori, e lo ha battuto, in cinque set, ma dominando per larghi tratti del match. Due tipi da primi dieci posti, a ribadire come il nostro valga ancora i piani alti. Avevate dei dubbi in proposito? Io no, ma non pensavo fosse subito in grado di dimostrarlo. Con Zverev cambierà il quadro del match, e sarà interessante osservare come Federer cercherà di rubare il tempo a rete al tedesco. Senza dimenticare, però, che un’assenza di sei mesi qualche guasto lo provoca, e i giorni buoni si alternano a quelli meno buoni. Insomma, aspettiamo… Ma il ritorno di Roger, a questo punto, si può già definire all’altezza delle attese. Meglio così. Lo svizzero, con fratellone Zverev, è avanti 2 a 0 negli scontri diretti, con un umiliante doppio bagel inflitto al tedesco in quel di Halle nel 2013.
Per il resto, il torneo, ora, è nelle mani di chi vorrà provarci. Potrebbe uscirne una finale fra giovani, e dunque un nuovo vincitore di Slam. Oppure una quarta vittoria per Wawrinka. Magari una finale fra Federer e Nadal… È chiedere troppo? Signori, lo sapete, Down Under può succedere davvero di tutto.
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