Partirono sotto scorta come clandestini dall’aeroporto di Fiumicino e vi tornarono da vincitori nell’indifferenza. Altro che bagno di folla. Furono infatti fatti passare da una porta di servizio dove ad attenderli c’erano giusto i parenti e quattro fotografi, manco fossero colpevoli di chissà quale crimine, se non quello di aver conquistato una Coppa Davis nel posto giusto (il Cile era nettamente inferiore), ma nel momento sbagliato (una feroce giunta militare al potere). Dopo quarant’anni di imbarazzanti silenzi, oggi si elevano i peana e si moltiplicano le celebrazioni. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire.
Martedì 20 dicembre, Verona ha ospitato un evento nella suggestiva cornice del Palazzo della Gran Guardia di fronte agli archi festanti dell’Arena. L’Assessore allo Sport della città di Giulietta, Alberto Bozza, con la fattiva collaborazione dei due maggiori circoli della città, AT Verona e Tennis Scaligero, e della FIT provinciale e regionale, ha patrocinato una gradevolissima serata rievocativa condotta dal giornalista de L’Arena Gianluca Tavellin di fronte ad un pubblico numeroso e coinvolto nel dibattito. Ospiti Paolo Bertolucci, da anni residente a Verona, e Lorenzo Fabiano, giornalista sportivo veronese e autore del libro di fresca pubblicazione Coppa Davis 1976, Una Storia Italiana (Edizioni Mare Verticale). Purtroppo, a causa dell’influenza è venuta a mancare all’ultimo momento la partecipazione di Emilio Barbarani, altro veronese, primo consigliere all’ambasciata italiana di Santiago del Cile all’indomani del golpe di Pinochet.
Pasta Kid ha deliziato la platea con gustosi aneddoti e sottolineando come quella vittoria fu un successo di squadra, un gruppo creato e forgiato dal padre putativo della generazione d’oro del nostro tennis, ovvero Mario Belardinelli: “Non abbiamo più avuto una figura come lui. Nel 1974 perdemmo la finale Interzona a duemila metri sul cemento contro il Sudafrica. L’anno dopo subimmo una bruciante sconfitta in Francia. Ma eravamo forti e in cuor nostro sapevamo che prima o poi sarebbe venuto il nostro momento. Cosa che avvenne in Cile anche se la finale vera la giocammo contro l’Australia in semifinale al Foro Italico.
Ha poi ironizzato sul suo rapporto con Adriano Panatta: “ci conoscemmo da ragazzini e diventammo amici inseparabili. In campo lui era irrequieto. Mi suggeriva tutto e il contrario di tutto. Io lo guardavo basito, e gli chiedevo di chiedere una sola cosa alla volta. Poi mi comportavo come usa fare il marito con la moglie: far entrare da un orecchio e uscire dall’altro. Non c’era altro modo”.
Fabiano ha svelato inediti e documentati retroscena che portarono alla trasferta tra mille polemiche: “Oltre a Nicola Pietrangeli che si mise di traverso e si battè come un leone, grande merito ebbe l’ambasciatore in Cile, allora incaricato d’affari, Tomaso De Vergottini, impegnato in un’estenuante trattativa con le autorità cilene per la concessione dei salvacondotti ai rifugiati politici ospitati nella cancelleria di Santiago. Alla fine fu proprio la sua paziente tessitura a convincere il Partito Comunista Italiano a rivedere le sue posizioni e a dare l’avallo al viaggio oltreoceano. In tal modo De Vergottini potè proseguire la sua opera umanitaria senza subire ritorsioni”.
Al termine della serata, l’assessore allo sport Alberto Bozza ha premiato tra gli applausi del pubblico Paolo Bertolucci con una targa celebrativa.
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