TENNIS – Pierre Paganini, il preparatore atletico di Roger Federer ha parlato con il Tages Anzeiger: “Lavora ogni giorno come se tutto questo fosse successo per colpa sua”
Qui l’intervista originale e completa.
Lei è una persona di fiducia per Roger. Gliel’ha consigliato lei di tirare il fiato?
È stata un decisione del team. Non è stata una decisione di uno solo. Quello che è più importante, in situazioni come questa, è che tutto il team lavori in sinergia, e quindi anche gli allenatori Seve Lüthi e Ivan Ljubicic, il fisioterapista Daniel Troxler, il manager Tony Godsick e Mirka.
Cosa è cambiato per Lei?
Prima di tutto, lui manca a tutto il tour, lo si percepisce anche da spettatore. Quando accendi il televisore, sei felice di vedere che c’è Roger. Poi abbiamo lavorato in maniera continuativa molto di più e abbiamo sperimentato tutta questa fase in maniera molto più intensa. Ovviamente, trattandosi di terapie e di un allenamento apposito, abbiamo dovuto lavorare molto assieme.
Lo ha detto lui stesso ad ottobre, è al passo col programma. È vero?
Pe ora siamo completamente a passo con la programma che ci eravamo posti, e di questo siamo molto contenti. Questo però non significa che non ci stiamo andando cauti. Non bisogna mai dimenticare che stiamo parlando di un giocatore che ha giocato tantissimo. (…)
Il ginocchio può guarire completamente?
Quando si opera qualcosa, non potrà mai essere com’era quando sei nato. (…) Ma siamo sulla strada giusta e dobbiamo solo pensare ad andare avanti.
Quando dice che ci state andando cauti, significa che non avete ancora fatto dei test più duri?
Dopo ogni passo che compiamo, ci sono dei test. In questo senso ne ha fatti parecchi. Abbiamo già fatto degli allenamenti in cui siamo arrivati al limite, di intensità o di complessità, oppure nei quali abbiamo fatto qualcosa di relativamente duro. Queste cose le abbiamo già fatte.
Si può dire che la parte più importante del suo lavoro è stata completata?
Se parliamo in termini di numeri di allenamenti, all’inizio di dicembre comincerò a ridurre il mio lavoro. Ma le prime due settimane saranno, come dire, essenziali. Ed è ovvio che poi ci si occupi più del tennis.
Ultimamente Roger è stato in vacanza.
Sì, diciamo che è stato una settimana di compensazione. Ci sono sempre quelle settimane in cui il corpo e la mente hanno bisogno di un po’ di tempo per recuperare, sta tutto nel piano. Le vacanze sono una parte attiva dell’allenamento, e non bisogna dimenticarlo. E in questo momento sono particolarmente importanti.
Il ritorno è programmato ad inizio gennaio, a Perth. Quando comincerà la preparazione finale?
Ora, e durerà fino a fine anno. Gli allenamenti più importanti saranno a Dubai.
Quante sono le chance che sia un buon ritorno?
Per quel che ho visto fino ad ora, mi fa essere molto fiducioso – fino ad ora. Ma è come in una partita di calcio: al 70mo minuto non è ancora finita. E qualche volta gli ultimi minuti sono i più importanti. Credo che le ultime cinque settimane saranno le più importanti. Ma io sono uno che preferisce non dire nulla, finché non ha tutte le informazione. E al momento non le ho ancora.
Sta andando molto cauto con le parole. Devono preoccuparsi i fan di Federer?
No, sarebbe sbagliato. Ma ora ogni passo è fondamentale. Come ho già detto, siamo sulla buona strada. E quello che mi affascina di più è come Roger affronti ogni passo e ha un’estrema fiducia per il prossimo. (…) Quello che è capace di fare, a 35 anni e con tutto quello che ha vinto, non è da tutti.
Non è da tutti, oppure da nessuno?
Si può dire anche così, ma io non sono obiettivo. Non è certo colpa sua, ma lavora ogni giorno come se tutto questo fosse successo per colpa sua. È serio, intenso e nonostante ciò rilassato. Devo dirlo, è qualcosa di unico. Ma non parlo come suo preparatore atletico, lo dico da uomo.
Lo scorso ottobre Federer ha detto che Lei non l’aveva mai visto così preoccupato come prima di Wimbledon. È vero?
Sì. Ma di solito lui è così sereno e riesce sempre a concentrarsi su quello che è importante in quel momento. Ma prima di Wimbledon si percepiva che c’erano dei pensieri che gli passavano per la testa sulle sue condizioni, anche se provava a rimanere positivo. Era ovviamente un segno, perché queste cose non gli succedono mai.
Molti avevano paura che Federer si potesse accorgere quanto bella potesse essere la vita senza il tennis e che che decidesse di non tornare.
Posso darle una certezza: la passione che ha messo nell’allenarsi non è mai stato così grande. Quando uno come lui sta senza giocare per sei mesi e viene ad allenarsi ogni giorno col sorriso, capisci che è qualcosa di più di una passione. È qualcosa di unico. (…)
Federer e Wawrinka, da quando lei è il loro preparatore atletico, hanno vinto complessivamente 20 titoli Slam. Quante di queste partite ha visto dal campo?
Solo una, credo, la finale del Roland Garros 2009. In più credo di aver visto due o tre finali a Parigi che ha perso con Nadal.
È ancora nervoso, quando Federer gioca le partite importanti?
Ovvio. E davanti alla tv sono anche più nervoso che allo stadio. La passione non ha nulla a che fare con la distanza.
È positivo che torni a giocare alla Hopman Cup, senza troppa pressione?
È positivo che torni a inizio anno. Il primo torneo della stagione porta con sé molte domande e Roger ha molte risposte da trovare. Che torni quando tutti hanno appena ricominciato è la condizione ideale.
Ha vinto 17 Slam, Wawrinka 3. Quanti ne arriveranno ancora?
Deve chiederlo ai giocatori, sono loro ad andare in campo. Ma è per quello che lavoriamo, è quella la motivazione.
Per entrambi?
Ovvio. Altrimenti Roger non starebbe ora ad allenarsi come un pazzo.
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