ZAGABRIA – Incredibile epilogo nel quarto match della finale di Coppa Davis 2016: Marin Cilic si fa rimontare due set di vantaggio da uno spettacolare Juan Martin del Potro che si impone in quasi 5 ore. Adesso tutto si decide nell’ultimo singolare.
J.M. del Potro b. M. Cilic 6-7(4) 2-6 7-5 6-4 6-3 (Piero Vassallo)
Il sogno dell’Argentina continua, impensabile dopo i primi due set del quarto incontro della serie andato in scena all’Arena Zagreb dell’omonima capitale croata. Marin Cilic sembrava avere in pugno partita e insalatiera, invece Juan Martin del Potro compie l’ennesima impresa della sua straordinaria annata e regala al suo popolo ancora una chance.
Sembrava tutto pronto per i titoli di coda, con Cilic a raccogliere l’eredità di Ljubicic, il trascinatore della Davis 2005, e l’Argentina a leccarsi le ferite per la quinta finale buttata al vento. Il numero 6 del mondo non aveva fatto i conti con la Torre di Tandil e con la sua classe infinita, pari solo alla sua sfortuna. E così per non versare lacrime di dolore come quelle di otto anni a Mar de la Plata e di cinque anni or sono a Siviglia, Delpo ha tirato fuori il meglio di se stesso e anche qualcosa di più, pur di tirarsi fuori da una buca profondissima che significava ennesima mazzata per lui e la sua squadra.
«Sta succedendo quello che doveva succedere» aveva detto con mestizia al termine del doppio di ieri, dopo aver visto gli avversari scappare nuovamente avanti rispettando un copione scritto da mesi: Cilic batte Delbonis (o chi per lui), del Potro batte Karlovic, doppio ai croati e poi domenica di passione. Che per la Croazia intera adesso è domenica di paura, perché trovarsi a un set dall’insalatiera e dover rifare tutto da capo affidandosi al 37enne Ivo.
Quella che sembrava ormai una festa potrebbe diventare la giornata più nera della carriera di Marin Cilic: aveva rischiato grosso già venerdì, salvandosi al quinto, poi si è confermato perfetto in coppia con Dodig ma il suo suicidio sportivo può vanificare ogni sforzo. Gli era già successo in questo 2016 di perdere un match dopo aver vinto i primi due set: la prima a Wimbledon nel quarto contro Roger Federer, la seconda sempre in Davis, negli Stati Uniti contro Jack Sock, nella serie clamorosamente ribaltata dopo lo 0-2 del venerdì. Questa però è la più pesante e può diventare un fardello difficile da sopportare.
Eppure era stato perfetto per due set: se del Potro si è presentato contratto e poco incisivo, Cilic è partito a razzo con un break di vantaggio e immediato e una determinazione palpabile. Nemmeno subire il contro break nel settimo gioco gli ha rovinato i piani, nel tie break ha dominato sfruttando la carenza di prime del suo avversario e galvanizzato dal vantaggio ha giocato ancora meglio nel secondo parziale, toccando un livello di gioco pari a quello visto nella settimana d’oro di Flushing Meadows due anni fa.
La riscossa di del Potro è partita con un favoloso pallonetto in tweener che ha inaugurato un terzo set molto più equilibrato in cui anche l’argentino è riuscito a far viaggiare meglio i propri colpi. Alle soglie del tie break Cilic è incappato nel primo vero passaggio a vuoto della partita: due erroracci di rovescio hanno segnato il dodicesimo gioco, sotto 0-40 ha rimontato due punti, non ha potuto far nulla sul terzo e la vittoria che sembrava ormai a un passo si è allontanata brutalmente.
Chi invece ha tratto nuova linfa è stato del Potro, capace di convertire la stanchezza in forza: il dritto è diventato sempre più devastante, tutta la sua furia si è palesata invece in un urlaccio poco elegante verso il giudice di sedia reo di averlo sanzionato con un warning. Nemmeno questo però lo ha distratto dalla rimonta, chiamato nuovamente a restare nel set Cilic ha tremato ancora una volta azzerando definitivamente tutto il vantaggio accumulato nelle prime due ore.
Perso il servizio in apertura di quinto set, del Potro è stato bravo a non lasciar scappare l’avversario. Dopo 4 ore e 50 minuti estenuanti, un’accelerazione di dritto di Palito è valsa il break del 5-3 che ha mortificato il tifo croato e ha acceso a dismisura l’entusiasmo del pubblico sudamericano, con Maradona a fare da capa ultrà. E adesso tutto nelle mani di Karlovic e Delbonis, con il croato chiamato a dimostrare di avere le spalle abbastanza larghe da reggere la pressione di un match che alle 16 del pomeriggio sembrava non dovesse più giocarsi.
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