TENNIS – Di Diego Barbiani
TOKYO. Diciotto mesi dopo l’ultimo titolo, Caroline Wozniacki torna ad alzare un trofeo WTA nel torneo Premier di Tokyo, battendo in finale la giovane giapponese Naomi Osaka. 7-5 6-3 il punteggio che porta alla danese il ventiquattresimo trofeo della carriera, il più importante, se vogliamo, da quello ottenuto a Mosca del 2012.
Una finale difficile contro una giocatrice che di qualità ne ha da vendere e resa un filo più complicata da un problema alla coscia sinistra accusato verso la metà del primo parziale. Nel frangente tra il sesto ed il settimo game, alcuni allunghi l’hanno portata poi a toccarsi la parte del corpo che le dava fastidio. Probabile, inoltre, che la settimana trascorsa abbia in parte favorito i dolori accusati. Per arrivare fino all’ultimo atto del torneo giapponese ha vinto almeno un paio di partite dove ha speso tante energie: il secondo turno contro Carla Suarez Navarro, la semifinale contro Agnieszka Radwanska. In entrambe le circostanze, anche a causa di caratteristiche molto simili da parte delle giocatrici affrontate, le partite si sono trasformate in battaglie dagli scambi durissimi: tanti colpi, continui spostamenti, gambe che dovevano sempre essere al 100% per permettere di fronteggiare le rivali alla pari.
Oggi, nonostante questa situazione fisica non ottimale, ha saputo nascondere il più possibile quelle che erano le sue reali condizioni. Osaka, fino al 4-3 e servizio, stava controllando la partita. O almeno, aveva una chiara idea di come provare ad ottenere il punto nello scambio: quando non aveva la chance nei primissimi colpi, cercava di spostare lo scambio sul dritto della danese per guadagnare sempre più campo e poi colpire.
Una qualità che dovrà saper sfruttare in futuro, quando tornerà a competere contro le primissime della classe, è proprio quella di avere pazienza. Non è facile, perché quando si ha nel braccio il colpo che può “spaccare” viene forse spontaneo affidarsi solo ed esclusivamente a quello. Impostare lo scambio per arrivare ad un vincente più semplice può essere la sua fortuna mano a mano che crescerà, perché oltretutto i suoi margini di crescita sono enormi.
Oggi è incappata in una situazione che da potenzialmente esplosiva le si è ritorta contro. Da quel vantaggio di un break dopo sette game, non ha saputo poi vincerne più di due. Forse qualche domanda, nella sua testa, è comparsa. Forse più che pensare a cosa stesse succedendo alla danese, rientrata in campo con la coscia visibilmente fasciata, la pressione sulle sue spalle è diventata tanta: prima finale, nel suo paese, contro un’avversaria che non perdona il minimo calo.
Poche prime palle di servizio, diverse chance mancate per un nuovo break di vantaggio (sarebbe stato il terzo del set) sul 5-5, poi nel game successivo la “pugnalata” decisiva di Caroline. Il terzo punto del dodicesimo game, sul 15-15, è stato letale. Al di là della possibile influenza del problema fisico, solo una gran Wozniacki poteva portare a casa un ‘quindici’ così duro, fatto di qualche dritto profondissimo ad inizio scambio e poi in difesa continua sugli attacchi della giapponese. Osaka pressava sempre sul dritto, palle potenti ma tutte ribattute fino all’errore, alla sesta accelerazione. Ha pagato caro con un doppio fallo che l’ha spinta sotto 15-40 ed un rovescio vincente della danese è valso il set.
Un colpo abbastanza duro, che ha fatto precipitare nello sconforto la giapponese. Il contraccolpo è stato poi evidenziato ancor di più da una brutta palla break mancata ad inizio del parziale successivo. Quasi perfetta fino al 5-5, disastrosa da lì in avanti per i successivi 20 minuti, con il nervosismo che stava affiorando e la partita che era ormai sfuggita dalle sue mani. Sotto 5-0 ha avuto la forza di non accettare un ‘cappotto’, che sarebbe stato anche troppo severo, e giocando a braccio “sciolto” ha realizzato una parziale rimonta fino al 3-5. Nessuna chance, però, quando la danese è andata una seconda volta al servizio per chiudere il match.
Si completa così un mese di settembre indimenticabile per Wozniacki. Una giocatrice devastata da un anno terribile, sportivamente parlando, ricco di infortuni e sconfitte amarissime che l’avevano fatta precipitare al n.74 del mondo e che da lunedì si troverà al n.22. 10 vittorie ed 1 sconfitta da chi, ora, guarda tutte le altre colleghe dal trono del ranking WTA. Zero vittorie su top-10 prima dello US Open, ben 4 al termine del torneo di Tokyo. Soprattutto, la gioia di alzare nuovamente un trofeo WTA che per una giocatrice vale tutto, indipendentemente dal valore.
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