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US Open / Cuore, testa e Wawrinka: le prime crepe di RoboNole

TENNIS – Di Luigi Ansaloni

NEW YORK. Novak Djokovic ha perso una finale di uno slam. Non accadeva dal 2015. Indovinate contro chi? Bravi.

Adesso, immaginate che siete degli esperti di tennis (voi che leggete probabilmente lo siete, chi scrive un po’ meno) e un vostro amico vi chiede, così, dal nulla, il perché. Per questo vi offriamo tre teorie belle fresche da poter spacciare come vostre. Giuro, vi perdoneremo.

Teoria del cuore infranto – Non siamo tenuti a sapere direttamente dei fatti di cuore di Novak Djokovic, ma Deepika Padukone (attrice indiana con cui si vociferava Nole abbia/abbia avuto una liaison) , se i rumors fossero confermati (cosa che non saranno mai, ma tant’è, ma non ci risulta che Jelena abbia chiesto il divorzio, per dire), potrebbe aver davvero salvato il tennis maschile da una tirannia che fino all’inizio dell’estate 2016 sembrava inevitabile per i prossimi due anni almeno. Anche robot hanno un cuore, dunque? A quanto pare, sì. Dunque, i problemi personali di Djokovic potrebbero aver (temporaneamente, chissà) mandato in tilt una delle più perfette ed incredibili macchine da tennis della storia. Il n.1 del mondo è leggendario per la sua capacità di concentrazione e per l’abilità ad alzare il livello a seconda della partita e del momento dell’incontro. Se non hai energie nervose, diventa durissima. E a supportare la teoria, c’è stato anche il “teatrino” del quarto set e un MTO che ha sollevato ben più di una critica. Probabilmente non stava bene davvero, ma a molti (compreso al sottoscritto) è sembrata una mossa disperata per cambiare il flusso della partita.

Teoria dell’età: Djokovic ha 29 anni, non è certo vecchio, ma è ad altissimi livelli da quando ne aveva 18. Per quanto sia maniaco e sia stato maniaco dell’alimentazione, del suo corpo, e per quanto madre natura sia stata generosa sotto quel punto di vista con lui, il cameriere sta iniziando a scrivere il conto. Per arrivare al tavolo dove Djokovic siede, ci vorrà ancora tempo, molto tempo, ma i primi segnali ci sono. Anche i robot hanno anche i crampi, i piedi sanguinanti, la stanchezza. La mente controlla sempre il corpo, dopotutto, e se non ti sei preparato a dovere per un motivo o per un altro e il tuo fisico non riesce magari a recuperare come una volta, può essere un problema. Specie se hai basato il tuo gioco, la tua carriera, proprio sull’incredibile elasticità, sui recuperi assurdi

Teoria “l’altro ha giocato meglio”: Difficile da credere ma sì, quando c’è Wawrinka dall’altra parte della rete in uno slam (soprattutto in una finale dello slam) Djokovic rischia di non capire più niente. Stan gioca in un modo che probabilmente è complicato comprendere per un cuore e una testa da perfetto robot. L’uomo che batte la macchina e bla bla bla. Non vogliamo entrare nel merito della questione ma non è, non può essere una coincidenza. In un tennis dove la stragrande maggioranza dei giocatori fa quasi tutto in maniera uguale, specie nella meccanica dei colpi, Wawrinka è una mosca bianca. Djokovic va spesso in confusione e anche quando riesce a controllare il tutto, non lo fa mai con la stessa, usuale facilità. Lo svizzero, tra l’altro, è tre su tre in finali slam e undici vittorie su undici finali. Impressionante semplicemente. Anche per uno come Novak Djokovic. E se hai basato gran parte della tua carriera sulla prevedibilità altrui, diventa un bel problema. 

 

 

 

 

 

Luigi Ansaloni

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