TENNIS – E così il silent ban esiste. “Ma va?”, diranno molti di voi che state leggendo queste parole. In effetti, era un po’ come il segreto di Pulcinella, qualcosa che tutti sapevano esistesse ma che ufficialmente (ripeto: ufficialmente) era sempre stato smentito.
La novità di queste ore è che adesso è stato provato che esiste. E non lo dice un addetto ai lavori o qualcuno vicino, come successo per il caso Cilic risalente al 2014 (eravamo a Wimbledon quando un giornalista croato “spifferò” la cosa), ma stavolta a mettere nero su bianco la sua esiste è l’Itf, l’International Tennis Federation, quella che controlla la coppa Davis, gli Slam e chi più ne ha più ne metta, oltre ad essere, per ovvie ragioni, a strettissimo contatto con Atp e Wta.
In un documento uscito sul sito ufficiale ieri (e che potete leggere integralmente cliccando qui) l’Itf annuncia che dal 1 settembre le “sospensioni provvisorie” derivate da un caso di doping, “saranno rese pubbliche”, al contrario di quanto succedeva in passato. Tutto buono e giusto, con il piccolo particolare marginale che questo vuol dire che allora, in passato, le “sospensioni provvisorie” per doping non venivano rese pubbliche. Di quante squalifiche stiamo parlando? E per quanto tempo? Domande a cui non avremo mai e poi mai risposta. Tecnicamente, tutti, in questo modo, siamo autorizzati a pensare che qualsiasi “infortunio” di un giocatore x possa essere stato, in realtà, un silent ban. Ed è proprio per evitare che qualcuno possa usare queste parole (silent ban, appunto) per accusare di aver coperto qualcuno e proprio da queste parole siano stati infine danneggiati. “Queste nuove regola – scrive l’Itf – sono fatte per evitare casi simili in futuro”.
Quindi c’erano già stati casi simili? Si, evidentemente. Insomma, in soldoni: una bella “operazione trasparenza”, per non lasciare nulla “all’immaginazione”. Come già detto sopra, tutto giusto, ma, non si sa quanto voluta o meno, questa è l’ammissione di un qualcosa, chiaramente di un problema, che evidentemente ha fatto storcere il naso a qualcuno. Per primi a noi, dato che in passato nell’ambiente circolavano voci che poi puntualmente si sono verificate. Verificate, ma mai provate o ufficializzate. Andre Agassi, nel suo “Open”, aveva raccontato un qualcosa di simile: risultato positivo ad una “sostanza ricreativa” (quindi non dopante), nessuno ne ha saputo niente fino all’uscita del suo libro, più di 10 anni dopo. Eppure sarebbe così facile: se sbagli, paghi. Senza coprire niente e nessuno. Una pratica, questa si, evidentemente non troppo conosciuta nel tennis, almeno fino ad ora.
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