Non è il primo e se qualcuno (caro presidente Malagò) non ci mette una pezza, non sarà l’ultimo…
Tempo fa era toccato a me, quella volta fu la rivistina federale, che fra le molte cose sbagliate che spetezzava in un articoletto firmato da tale “batch” arrivava a consigliare il quotidiano per il quale scrivo da 25 anni di fare a meno delle mie corrispondenze.
E poi Clerici, ancora scandalizzato da una telefonata che ricevette a Wimbledon, ma non sul suo cellulare – che sarebbe stato, quanto meno, un fatto privato –, no, sul telefono dell’ufficio stampa della sala giornalisti. E così via. Scanagatta, Tommasi, Pistolesi, ovviamente Panatta, per ricominciare da capo, alla prima frase non allineata con il pensiero federale. Lettere ai direttori dei quotidiani, insulti, accuse insensate. Anni fa il sito federale riuscì a scrivere che io e Semeraro eravamo stipendiati da Panatta… Eh? Come? Da Panatta? Basterebbe una risata per seppellire simili frescacce, ma c’è un limite a tutto. Non si possono passare sedici anni a ridere, a sganasciarsi, di quello che uno ti scrive addosso. Le nostre mascelle ormai dolenti hanno diritto a un po’ di tregua.
Ma il peggio, lo avete capito, è la filosofia che c’è dietro a questo andazzo. Hai una tua idea delle cose, la esprimi, peraltro senza toni particolarmente aggressivi, e ti becchi l’insulto. “Servi sciocchi” quello rivolto a Semeraro e Bertolucci, che basta conoscerli un decimo di quanto li conosca io per avere la certezza opposta. Sono talmente bravi e preparati da non poter mai essere servi di qualcuno. Perché la differenza, caro scrittore di insulti, la fa proprio essere bravi e preparati. Pensaci…
Ma che volete farci? Anche qui basterebbe riflettere sul fatto che a muovere un insulto come quello di “servi sciocchi” è uno che viene pagato per farlo, e nemmeno si accorge della contraddizione in cui sta annegando, per chiedersi se valga la pena alimentare polemiche da quattro soldi. Ma dopo anni e anni, sono sincero, non se ne può più.
Non difendo la categoria dei giornalisti, dio me ne scampi e liberi. Anzi, normalmente la attacco… Ma difendo il diritto a esprimere una propria opinione, qualunque essa sia, allineata o meno, purché in termini corretti. La riflessione di Semeraro e Bertolucci sulla tivù federale lo era. Nel momento in cui il tennis italiano annuncia una crisi che potrebbe essere lunga molti anni, è giusto e opportuno sottrarre risorse economiche a quei settori che dovrebbero/potrebbero avere un peso maggiore nel rilancio del nostro tennis? Domanda lecita, discussione aperta, insulti inutili.
E allora, presidente Malagò, che torni felice da Rio e stai per affrontare elezioni del Coni e discussioni con la sindaca pentastellata. Sono costretto a porti una domanda… Credi davvero che la politica degli insulti possa essere d’aiuto a cementare animi e sforzi comuni verso un obiettivo così importante come i Giochi? Io penso proprio di no. Non so tu…
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