TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – La costante ricerca del miglioramento condotta da Paolo Lorenzi, brillante vincitore della prova Atp di Kitzbühel, suo primo centro in carriera nel circuito maggiore.
Lavoro, lavoro e ancora lavoro. Suona retorico dirlo, ma è grazie all’impegno costante che Paolo Lorenzi ha trionfato a Kitzbühel all’età di trentaquattro anni e sette mesi, divenendo il giocatore più “anziano” a conquistare il primo titolo Atp. Sotto la guida illuminata di Claudio Galoppini, che lo segue dal 2008, il senese sta raggiungendo traguardi insperati. L’ingresso nei top 100, avvenuto nell’ottobre del 2009 a quasi ventotto primavere suonate, poteva apparire già una sorta di premio alla carriera: invece, superato al meglio un leggero sbandamento iniziale, Paolo si è stabilizzato su quote via via sempre più alte, entrando fra i cinquanta nel marzo 2013, raggiungendo nel 2014 la prima finale nel circuito maggiore (San Paolo del Brasile) e, nel frattempo, facendo incetta di titoli a livello Challenger.
Una programmazione oculata e sagace fa sì che Lorenzi si trovi ininterrottamente fra i top 100 dall’aprile di due anni or sono. Nel 2016, poi, è arrivato un ulteriore salto di qualità, con i piazzamenti in semifinale a Quito e nei quarti a Buenos Aires e a Bucarest, l’affermazione in cinque set su Marco Chiudinelli che ha spianato la strada alla vittoria azzurra sulla Svizzera a Pesaro in Coppa Davis, i centri Challenger a Canberra e a Caltanissetta più la finale a Bucaramanga. Mancava la gioia di una vittoria nell’Atp World Tour, e Kitzbühel ha colmato anche questa lacuna.
Le motivazioni sono sempre fortissime, la sua volontà di progredire ancora è evidente, la lucidità tattica invidiabile. Lorenzi non è uno che si porta i punti da casa in virtù di un talento straordinario o di un colpo-monstre: quando si affaccia a un match sa che dovrà lottare duro su ogni scambio e si prepara al meglio per farlo. Questa settimana il ranking mondiale lo vede alla posizione numero 41, giusto immediatamente alle spalle di uno che da lui potrebbe prendere esempio per parecchi aspetti, quel Grigor Dimitrov baciato dalla grazia divina ma spesso non in grado di gestire la propria innata fortuna.
Al di là del bulgaro, mentre sulla dedizione di certi tennisti emergenti – magari più interessati alla caccia ai Pokémon che agli allenamenti… – non sarebbe il caso di mettere la mano sul fuoco, possiamo star certi che Paolo continuerà a sudare ogni giorno, come fosse un ragazzino che dallo sport non ha ancora ottenuto nulla. In fondo è proprio questo il segreto del suo successo.
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