TENNIS – Di Diego Barbiani
WIMBLEDON. Angelique Kerber supera con buona sicurezza il primo turno di Wimbledon eliminando con un netto 6-2 6-2 una Laura Robson che dopo un anno dal rientro, un anno estremamente difficile, ancora non ha trovato fiducia nel suo gioco.
Il risultato, poi, per quanto possa apparire netto è anche troppo crudele nei confronti di una britannica volenterosa, almeno all’inizio, ma che poi alla prima difficoltà si è proprio sciolta. Non è il tennis, perché non si dice questo di una che nel 2008, ad appena 14 anni, su questi stessi campi portava a casa il titolo Slam junior. Dodici mesi fa rientrava dal tremendo infortunio al polso, il tendine dolorante e l’operazione che si è cercato in tutti i modi di evitare.
Diciotto mesi di pausa, una tortura psicologica e le difficoltà di ripartire come prima, quando approdava agli ottavi nello Slam di casa, faceva l’ingresso tra le top-30 ed aveva tutt’altra spinta. La testa pare essere il vero problema. Banale, ma allo stesso tempo letale. Non c’è fiducia nel braccio, non quanta servirebbe per affrontare una tedesca solida, concreta e facilitata anche dal tipo di avversaria che aveva al di là della rete. Purtroppo per Robson, in tutto l’anno ha raccolto nulla se non qualche vittoria a livello ITF ed un successo al primo turno di Rabat contro una wild-card locale. Da metà marzo ha dichiarato di giocare senza dolore al polso. Di miglioramenti, però, davvero pochi.
Kerber ha avuto un piglio diverso. Facilitata, anche, ma l’atteggiamento in campo rispetto a tutto il periodo venuto dopo il successo di Stoccarda era ben diverso da quello nervoso, insofferente e distratto. Nelle fasi iniziali, quando Robson cercava di spingere e di crearle problemi, rispondeva benissimo coi piedi e rigiocava qualsiasi cosa, sia vincenti che difese in controbalzo sulla linea di fondo. Una volta trovato il primo break, la strada si è spianata. Una vittoria comunque che le serviva enormemente: fallire una seconda volta dopo il Roland Garros sarebbe stato traumatico. Per una ragazza come lei, poi, che in carriera ha sempre avuto bisogno di scuotersi e di credere maggiormente nelle sue capacità. Il suo stile di gioco è l’esempio migliore: troppo remissiva per tanti anni, l’ormai famoso allenamento con Steffi Graf nel marzo del 2015 le ha fatto capire che poteva essere tutta un’altra giocatrice. Più offensiva, più vicina alla linea di fondo, di modo da mettere ancora più pressione all’avversaria.
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