TENNIS – PARIGI. Nessun colpo di scena nel quarto di finale tra Novak Djokovic e Tomas Berdych: il serbo vince 6-3 7-5 6-3 e manda KO il ceco per l’undicesima volta di fila, la ventiquattresima in totale. Per il numero 1 del mondo semifinale contro Dominic Thiem.
«This is a circus!» sta esclamando Tomas Berdych. Ce l’ha con il giudice di sedia Eva Asderaki, rea di non prendere una posizione chiara tra il far tornare i giocatori negli spogliatoi o lasciar continuare il gioco nonostante l’aumentare dell’intensità della pioggia.
Quello del ceco è un vano tentativo di sfogare la frustrazione e di far valere la sua personalità quantomeno su una situazione “extra campo”. Un altro insuccesso: i giocatori tornano negli spogliatoi, rientreranno dopo qualche minuto e Berdych perderà il servizio consegnando definitivamente la partita al serbo.
6-3 7-5 6-3, il che porta a 12 il computo dei set consecutivi persi dal giocatore ceco contro il numero 1 del mondo. 11 sono invece i match di fila persi contro Djokovic, da quello strano match a Roma del 2013 che il serbo buttò via dopo aver dominato per un set e mezzo. Poi solo vittorie di Nole, per un totale di un mortificante 24 a 2 negli scontri diretti che chiarisce più che mai lo scoramento di “Mister Satorova”.
Il 26esimo capitolo della non appassionante sfida altro non è stato che la replica delle ultime puntate: semplicemente Berdych non ha armi sufficienti per fare male a Djokovic e mai le avrà. Il numero 8 del mondo ha licenziato il coach Dani Vallverdu dopo l’umiliante doppio 6-0 incassato a Roma contro David Goffin, ma i problemi di Berdych vanno al di là della semplice guida tecnica e a 30 anni, dopo tante stagioni al top, sembra arrivato il momento dell’inevitabile fase calante.
Di problemi, in campo, Djokovic ne ha avuti pochi: giusto un paio di passaggi a vuoto ma senza mai rischiare chissà cosa. A questo punto del torneo gli ultimi ostacoli restano Dominic Thiem – prima semifinale Slam in assoluto – e uno tra Stan Wawrinka e Andy Murray. Djokovic è indiscutibilmente il più forte, ma ci sono due avversari forse ancor più pericolosi di quelli rimasti in gara.
Il primo è il meteo di Parigi: la situazione è sempre al limite, i campi sono umidi, le palle pesanti e tali condizioni favoriscono i pesi massimi: Wawrinka e Thiem ci vanno a nozze, Djokovic un po’ meno. Il secondo è… Djokovic stesso. L’ossessione per il Roland Garros potrebbe consumarlo come fece già un anno fa in finale: al netto della prova mostruosa – e irripetibile? – di Stan, Nole si presentò spento, passivo, quasi bloccato dall’importanza del momento.
Qualche segno di nervosismo si è intravisto anche oggi – una racchetta battuta per terra e finita vicino a un giudice di linea – segno che le piccole crepe nella corazza d’acciaio ci sono, sta a lui non permettere agli altri di farle ingrandire così tanto da mandarla in mille pezzi. Perché sarà anche il migliore in assoluto, ma le occasioni per portare a casa questo maledetto Roland Garros saranno tutt’altro che infinite.
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