TENNIS – Terminato il Roland Garros, la stagione sulla terra ci ha confermato la mostruosità di Djokovic ed il primo Carrer Grand Slam dai tempi di Rod Laver. Certificata l’assenza di due mostri sacri come Federer e quella parziale di Nadal, non bisogna scordarci anche di un forfait precauzionale: Juan Martin Del Potro.
L’argentino, dopo aver saltato il Roland Garros, tornerà regolarmente per iniziare la stagione sull’erba con il torneo di Stoccarda, assieme a Roger Federer. Sono passati tre anni dall’ultima volta che l’argentino di Tandil abbia messo piede sul circuito erbivoro. Si conosce la sua storia tormentata e di come entrambi i polsi lo abbiano martoriato ma è indubbio che se Del Potro sta bene, può ancora dire la sua in questo circuito.
Non sono apparsi in scena nuove leve in grado di stazionarsi tra i primi dieci o venti del mondo con continuità, perciò è lecito attendersi un suo ritorno in pianta stabile ai quei livelli. Un po’ perché manca al movimento, un po’ perché vederlo chiudere anonimamente la carriera sarebbe un torto troppo grande.
Il 2016 lo ha visto ritornare sui campi a singhiozzo, dovendo prestare molta attenzione a non sforzare il polso sinistro (al secondo intervento chirurgico). Qualche buon risultato, su tutti la vittoria contro l’emergente Dominic Thiem nel master 1000 di Madrid e le successive lacrime a dimostrarne come l’integrità del suo spirito non abbia mai vacillato.
Dopo quella sfida, la necessità di doversi fermare ma con la promessa di ritornare per la stagione sull’erba e con essa giocare Wimbledon. Un rientro sotto alcuni aspetti difficile da valutare e non solo per le sue condizioni fisiche. La scelta di una superficie così veloce metterà a dura prova i movimenti dei suoi polsi, specialmente il sinistro. Un test probante ma necessario per affrontare al meglio la parte di stagione che dovrà essere il suo vero riscatto: il cemento americano.
Bisogna però non sottovalutare i risultati finora ottenuti sull’erba, una superficie che lo ha visto essere protagonista ma non con grande continuità. Indubbiamente sul cemento ha costruito la sua carriera, aggiungendoci anche qualche soddisfazione ottenuta sulla terra rossa, ma sull’erba non ha mai vinto un torneo ATP. Ciò non toglie che abbia conquistato il bronzo olimpico a Londra 2012 battendo Djokovic nella finalina 3° e 4° posto, primo argentino nella storia a riuscirci.
Concentrandosi su Wimbledon, i risultati di Del Potro si sono tenuti in linea con le difficoltà avute su questa superficie. Negli anni migliori della carriera il suo cammino si è sempre interrotto presto, un feeling che sembrava destinato a non sbocciare mai. Questo fino al 2013, l’anno dopo del bronzo olimpico, quando raggiunse un’incredibile semifinale giocando con una gamba fasciata e lottando per oltre quattro ore contro Djokovic, arrendendosi solamente al quinto set.
Ora il nuovo rientro, tre anni dopo quella splendida partita, contro quel Grigor Dimitrov che ad oggi fa sorridere ipotizzarlo come futuro del tennis. Del Potro difficilmente sarà il futuro, ma gli si può solo augurare un sereno presente.
Il tennis ha bisogno di giocatori come lui.
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