“Love is in the air” a Stoccarda. Il pubblico è innamorato delle sue giocatrici, Angelique Kerber e Laura Siegemund. Loro ricambiano vincendo le semifinali per avere una finale perfetta per un film: Angelique Kerber, la campionessa dell’Australian Open, campionessa uscente e ambasciatrice della Porsche contro Laura Siegemund, una specie di cenerentola nata a pochi chilometri dal Porsche Arena, dalle qualificazioni e arriva in finale. E per la serie ‘Hollywood fatti da parte’, oltre al tennis va aggiunta anche la proposta di matrimonio fatta rigorosamente in ginocchio, sul campo centrale da uno dello staff alla sua fidanzata (per fortuna di tutti lei ha detto sì). Se fosse stato un film, lo avremmo etichettato come una classica americanata. Forse dovrei andare al cinema più spesso.
Come tradizione del torneo, una scuola o un club di tennis, adotta una giocatrice dall’inizio del torneo. I fans ricevono i biglietti, le giocatrici incondizionato sostegno. Ai bimbi non importa chi sia né che turno giochi. Per la semifinale del Porsche Tennis Grand Prix, c’è stata battaglia in campo fra Kerber e Kvitova, battaglia sugli spalti fra il fan-club Kerber e quello Kvitova. Quelli della ceca, sono più tecnologici, hanno le lucine colorate intorno ai cappelli, quelli della Kerber sono più classici, con cartelloni pieni di cuoricini per Angie. Alla fine, i cuori vinco sul tecnologico e Kerber batte Kvitova.
“Atemlos”. Per la maggior parte dei tedeschi è una canzone, non particolarmente apprezzata. Per Angelique Kerber è forse la parola magica. Quella che l’aiuta nei momenti di difficili a far girare la partita. Non è la prima volta che il Dj tedesco spara a tutto volume questa canzone ai cambi di campo, il pubblico incomincia a tenere il ritmo con le mani e la tedesca si carica e riesce a far girare la partita a suo vantaggio. Era successo lo scorso anno in finale qui Stoccarda, quando Carolina Wozniacki già si pensava di sedersi sulla Porsche.
Se proprio volete, ma proprio ci tenete tanto, ma tanto, cliccate qui, e la canzone vi lascerà ‘Atemlos’ ovvero Senza Respiro. E abbiamo detto tutto.
Come si gestisce il post-sconfitta, lo abbiamo chiesto a tutte. Quindi non si poteva sottrare la Radwanska
«Non guardo film. Sono troppo grande per vedere quei film deprimenti! Ogni sconfitta è diversa. Tu provi del tuo meglio e non va come vorresti. Ha volte sono sconfitte dolorose, altre volte meno. E’ diverso quando perdi e hai avuto un paio di match point. In quel caso l’opzione di spaccare le racchette è la più probabile».
In genere i media sono talmente abituati ad avere risposte standard che quando incontrano una ragazza con un testa pensante si meravigliano come fossero di fronte ad una creatura in via di estinzione. Laura Siegemund, 28 anni, è certamente una di queste. Dieci anni fa, giocava con tante delle campionesse di oggi. Per varie ragioni, mentre le altre sono arrivate in alto e hanno realizzato le loro ambizioni, lei arrancava fra infortuni, delusioni, mancanza di fiducia nei suoi mezzi, fino a chiedersi cosa fare da grande. Una possibilità era andare all’università e prendersi la laurea breve in Psicologia. Le chiedo allora che differenza c’è fra una campionesse e una giocatrice di talento.
«Qualche cosa su cui riflettere. Direi per sintetizzare, molte giocatrici hanno talento. Io quando ero giovane avevo molto talento. Ho imparato che il solo lavoro non ti ricompensa. Ci sono molte cose che devono incastrarsi bene per fare diventare campionessa una ragazza di talento. Una campionessa è qualcuna che riesce a gestire tutta la situazione del essere una atleta professionista. Questo vuol anche dire sedere qui e parlare con i media, oppure curare la nutrizione, curare la parte mentale. Una campionessa da tutto quello che ha anche nelle giornate negative e prova ad essere professionale anche quando è molto difficile. Questo è una campionessa e non ha molto a che fare con il solo talento»
Va bene, la ragazza è senza altro promossa, sa parlare e sa quello che dice. Ed ha sempre le idee chiare, anche al volante.
Che tipo di guida ha?
«Sono un po’ aggressiva. Prendevo molte multe per eccesso di velocità, e stava diventando un po’ troppo costoso! Erano i tempi in cui non arrivavo a giocare nel tabellone principale di un torneo. Perciò mi sono data una regola. Se sono la prima non vado veloce. Aspetto che le auto dietro a me mi sorpassino e allora le seguo, così loro vengono ‘beccate’ dall’autovelox e io mi dico ‘Sì!’. Insomma è una specie di strategia». Poi dici ‘Donne al volante’.
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