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Challenge Round. Jamie, un numero uno nella famiglia Murray

TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Conquistato un titolo Slam cinque anni prima del fratello minore, Jamie Murray ha raggiunto un nuovo importante traguardo, issandosi in vetta al ranking mondiale di doppio. Riuscirà, prima o poi, Andy a fare lo stesso in singolare?

Cinque punti di scarto: 7415 a 7410. Grazie a questa minima differenza nello score complessivo degli ultimi dodici mesi, Jamie Murray ha strappato lunedì il comando del ranking Atp di doppio al brasiliano Marcelo Melo, in testa dallo scorso novembre. E così, ancora una volta, il maggiore dei fratelli di Dunblane è riuscito in un’impresa tennistica prima del minore, il ben più forte e conosciuto Andy.

È vero, il mancino si cimenta in una specialità che da tempo attraversa una crisi in apparenza irreversibile e che di rado vede nei tabelloni i big del singolare. A livello individuale il ragazzo scozzese, che ha compiuto trent’anni a febbraio, non si è mai spinto oltre l’834esimo posto mondiale. D’altronde, lo ha spiegato anche lui: «In Europa ero davvero valido come under 12 o under 14. Pensavo di essere in grado di continuare su quella strada, ma le cose sono cambiate. A diciassette o diciotto anni non ero certo un grande junior».

Jamie, però, non si è scoraggiato e, mentre il fratellino cominciava a inanellare successi importanti scalando la classifica del singolare, ha trovato la sua dimensione nel circuito di doppio. Nel 2007, assieme a Eric Butorac, ha conquistato tre titoli Atp (San Jose, Memphis e Nottingham), ma è dal misto che ha ricevuto la gioia maggiore: nello Slam di casa, Wimbledon, è giunto un inatteso trofeo, ottenuto in coppia con Jelena Jankovic, battendo Alicia Molik e Jonas Bjorkman.

Per mettere in bacheca un trofeo Major Andy avrebbe dovuto attendere oltre cinque anni, fino agli US Open 2012. Nel frattempo, però, Jamie non ha saputo ripetersi e, al di là di una finale a New York 2008 nel misto (persa al fianco di Liezel Huber con Black/Paes), non ha raccolto troppe soddisfazioni, se si eccettua qualche altra vittoria “minore” (tra cui un paio insieme con Andy, Valencia 2010 e Tokyo 2011).

Il britannico ha finalmente imboccato il binario giusto quando, nel 2013, ha iniziato la partnership con l’australiano John Peers, protrattasi per tre stagioni. «Questa collaborazione ha probabilmente salvato la mia carriera», ha ammesso lui con onestà. «È stato bello avere quella continuità, un vantaggio enorme per me come per lui. Se non avessi cominciato a giocare con John quando l’ho fatto, non sono sicuro di quanto a lungo avrei continuato. Stavo solo tenendomi a galla, senza una precisa direzione».

Sei titoli Atp nel giro di trentasei mesi sono stati il frutto del lavoro con Peers. Ed è mancato pochissimo che arrivasse anche uno Slam, visto che l’anno passato i due sono stati sconfitti nel match clou sia a Wimbledon (da Rojer/Tecau) sia agli US Open (da Herbert/Mahut). «È stata dura perdere entrambe le finali», ha ricordato Jamie, «ma in tutte e due le occasioni avevo la Coppa Davis nel fine settimana successivo, quindi c’era un po’ di distrazione al riguardo».

Proprio l’insalatiera conquistata in Belgio (con Andy mattatore e i Murray Brothers vincitori il sabato su Darcis/Goffin) ha concluso il fortunato 2015 di Jamie, che, la settimana precedente, si era congedato da Peers con una bruciante sconfitta patita dai fratelli Bryan alle Atp World Tour Finals di Londra. «Abbiamo mancato cinque matchpoint, è stato triste chiudere così, ma ormai è andata».

Per il 2016 il britannico ha deciso di fare coppia con il brasiliano Bruno Soares e i due hanno trovato subito l’affiatamento, imponendosi a Sydney e, soprattutto, agli Australian Open, con un’impetuosa rimonta in finale ai danni dei veterani Nestor/Stepanek. «Vincere è stata una sensazione incredibile. Non mi aspettavo di guardare in alto al termine dell’incontro e vedere Andy nel box: era l’una di notte passata e il giorno dopo lui doveva giocare la finale del singolare con Djokovic! Pensavo fosse rientrato in albergo, forse è tornato quando ha visto che avevamo una chance!».

E ora, dopo il lontano Slam nel misto e il freschissimo trionfo nel doppio maschile, ecco la consacrazione della leadership nel ranking. E anche qui lo scozzese non ha mancato di regalare un pensiero al suo più celebre familiare: «È veramente speciale essere il primo britannico classificato numero uno Atp. Spero che Andy sarà il secondo». Al momento Novak Djokovic non lascia alcun margine di trattativa in proposito, ma chissà che l’attuale n. 2 non sia ancora in tempo per emulare di nuovo il “grande fratello”. Che, in ogni caso, è riuscito a precederlo ancora una volta…

 

Fabrizio Fidecaro

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Tags: Andy Murray

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