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Challenge Round. I “furbi” vincono anche nel tennis?

TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – In un match di doppio nel Challenger di Napoli, Junaid, colpito da una pallata maldestra di Majchrowicz, si è accasciato al suolo guadagnandosi il passaggio del turno per squalifica. Al di là della decisione arbitrale, resta il fastidio per “sceneggiate” cui almeno nel tennis non vorremmo assistere.

Quante volte, assistendo a una partita di calcio, ci è successo di vedere giocatori rotolarsi per terra dal dolore dopo essere stati appena sfiorati o addirittura nemmeno toccati? Oppure lasciare intendere di essere stati colpiti con violenza in faccia quando si è ricevuto a malapena un buffetto sulla schiena? Sono episodi comuni sui campi di tutto il mondo, al punto che ormai quasi non ci si fa più caso. Ora, però, l’arte della mistificazione pare aver fatto il suo ingresso anche nel tennis.

L’episodio sospetto risale alla settimana scorsa, teatro il Challenger di Napoli, nel match di doppio che opponeva Mateusz Kowalczyk e Adam Majchrowicz ai numeri 2 del seeding Rameez Junaid e Ken Skupski. I polacchi si erano aggiudicati il primo set per 63 ed erano avanti di un break (4-3) anche nel secondo. Qui il fattaccio.

La cronaca. Sulla palla del controbreak Majchrowicz tira leggermente lunga la seconda di servizio, commettendo doppio fallo. Skupski ributta comunque la palla di là, proprio verso chi era alla battuta, e questi, d’istinto, tira a sua volta distrattamente un diritto, senza imprimergli troppa forza. Sfortuna vuole che sulla traiettoria si trovi Junaid, che è di spalle e viene colpito alla testa. L’impatto c’è e di sicuro risulta tutt’altro che piacevole, ma obiettivamente non sembra trattarsi di un urto in grado di provocare conseguenze che vadano oltre un dolore passeggero.

Il tennista australiano di origini pakistane sente il colpo e, apparentemente stordito, resta per un attimo indeciso sul da farsi. Poi si accascia a terra tenendosi il capo con entrambe le mani, come fosse stato centrato in pieno da un bolide a tutto braccio di Ivo Karlovic, o peggio. Significativo è il comportamento di Skupski. Il britannico, infatti, non si cura affatto delle condizioni del suo partner: anzi, gli passa accanto e lo supera disinteressandosene per andare diretto verso il giudice di sedia a protestare. A mostrare preoccupazione sono gli avversari: dall’altra parte del campo Majchrowicz, in evidente disagio, non fa che scusarsi con ampi gesti e si avvicina alla rete turbato. L’arbitro scende dalla sua postazione e, data una rapida occhiata al giocatore ancora riverso al suolo, non può far altro che risalire sul seggiolone per decretare la squalifica della coppia polacca, rassegnata al proprio destino. Obiettivo centrato per Junaid e Skupski, che passano il turno e vanno in semifinale, dove saranno eliminati da Kretschmer/Satschko.

È necessario ribadire come in questo caso Rameez Junaid abbia effettivamente subito un colpo: dunque non si può parlare in senso stretto di simulazione, ma casomai di “accentuazione”. Il discorso non è neppure sulla liceità o meno della pena inflitta a Majchrowicz, che per regolamento è pressoché ineccepibile. A dare fastidio è stata la “sceneggiata” dell’australiano, ben supportato dal suo compagno, apparso fin dall’inizio perfettamente consapevole di come il danno fosse di lieve entità. Inevitabile che il pensiero sia volato al pallone, dove i “furbi” imperversano, spesso persino ben visti e osannati dai propri tifosi. Vi sono addirittura calciatori di livello internazionale che, infischiandosi alla radice delle modalità dei successi che cercano di ottenere, amano ripetere a ogni piè sospinto il loro mantra: “Vincere è l’unica cosa che conta”. Concetti del genere sono pericolosi e sarebbe bene che una tale mentalità, se non è possibile estirparla dal mondo dello sport, restasse almeno fuori dal tennis. Una disciplina che di gentlemen ne ha sempre visti tanti e dove, in fondo, anche i meno educati di rado hanno palesato una reale malizia.

 

Fabrizio Fidecaro

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