TENNIS – Di PIERO VASSALLO. Dopo l’agevole vittoria contro la Svizzera, l’Italia di Davis si prepara a ospitare la formazione argentina per i quarti di finale, ma guardare ancora più lontano non è poi così vietato.
«La finale non è un traguardo impossibile». Parola di Corrado Barazzutti, uno che difficilmente si sbilancia ma che stavolta non ha voluto nascondersi dietro le pacate dichiarazioni di facciata. L’Italia può fare tanta strada nella Coppa Davis 2016, basta dare un’occhiata al tabellone per convincersene e realizzare che tornare in finale dopo 18 anni di attesa è davvero possibile.
Ci siamo andati vicini già due anni fa, ma nella semifinale di Ginevra i padroni di casa avevano dalla loro Roger Federer e Stan Wawrinka anziché i soli Marco Chiudinelli e Henri Laaksonen, giunti a Pesaro con tanta generosità e poco altro. Per raggiungere le top 4 nel 2014 l’Italia aveva superato anche l’ostacolo Argentina, lo stesso che si presenterà in casa nostra in pieno luglio.
Sarà un’Argentina diversa rispetto a quella battuta a domicilio a Mar de la Plata: Daniel Orsanic ha sostituito Martin Jaite in panchina, Horacio Zeballos ed Eduardo Schwank sono ormai fuori dal giro, mentre Carlos Berlocq e Pico Monaco potrebbero essere ancora della partita. Scontata la convocazione di Leonardo Mayer, probabile la conferma di Guido Pella, la grande incognita resta Juan Martin del Potro.
Palito ha sempre avuto un rapporto complicato con la Coppa Davis, ma i rapporti con la federazione sembrano oggi più distesi. Il punto è che Delpo è appena rientrato nel circuito dopo gli ennesimi guai al polso e non è possibile sapere se e quanto giocherà da qui al 15 luglio, giornata in cui si disputeranno i primi due singolari. Qualche indizio in più lo avremo nei prossimi mesi, soprattutto se sarà in grado di giocare con continuità e magari anche negli Slam, in match 3 su 5.
Barazzutti invece spera di avere la formazione tipo con Fabio Fognini – al momento ai box, ma ha tutto il tempo per recuperare e ritrovare la condizione – Simone Bolelli, Andreas Seppi e Paolo Lorenzi. Tra pochi giorni conosceremo la sede designata – candidate ancora Pesaro, poi Torino e Napoli – e soprattutto la superficie, anche se la scelta della terra rossa non dovrebbe essere in discussione.
Il pronostico pende dalla nostra parte, anche perché l’Argentina non può schierare un doppio competitivo mentre l’Italia oltre alla rodata coppia Bolelli-Fognini può contare anche sul nuovo tandem Bolelli-Seppi che sembra ben funzionare. Più equilibrio invece nei singolari, anche se gli azzurri sembrano avere qualcosa in più rispetto agli ospiti, il tutto sempre senza considerare la presenza di un del Potro al 100%, cosa che al momento appare improbabile.
E se a luglio le cose dovessero andare bene? Nell’eventuale semifinale le opzioni sarebbero la Serbia di Djokovic e la Gran Bretagna di Murray campione in carica. Nomi che fanno paura, ma andiamo nel dettaglio: contro gli slavi avremmo il vantaggio del fattore campo e ciò costringerebbe il numero 1 del mondo a cambiare continente e superficie poco dopo lo US Open.
Data per scontata la presenza di Nole e quindi i due punti per la Serbia, saremmo costretti a non sbagliare né il doppio né le sfide con il numero 2 Viktor Troicki. Il 30enne di Belgrado è un buon sottoposto di Djokovic, ma non sempre si dimostra un cuor di leone e in un match 3 su 5 sulla terra contro Fognini o Seppi non parte poi così favorito; il doppio serbo poi è praticamente inesistente, con Zimonjic ormai vicino alla pensione e senza un compagno degno ad affiancarlo.
Più problematico un incrocio con la Gran Bretagna, visto che si tratterebbe di una trasferta e Leon Smith ci accoglierebbe sicuramente sull’erba, magari proprio a Wimbledon. I britannici sono privi di un numero 2 all’altezza – anche se sul verde sia Ward che Evans possono tirar fuori il coniglio dal cilindro – ma hanno in Andy Murray una certezza in singolare e anche in doppio col fratello Jamie.
Le chance sarebbero minori rispetto a quelle contro la Serbia, ma due singolari su quattro sono abbordabili e una squadra che si appoggia del tutto su un solo uomo è sempre sul filo del rasoio: Andy Murray è un fuoriclasse e in Davis vince sempre, ma prima o poi dovrà pur concedere qualcosa. Per tutti questi calcoli ci sarà tempo e modo, adesso meglio pensare all’Argentina anche se per una volta guardare un po’ più lontano non è proibito.
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