TENNIS – Di PIERO VASSALLO. “Up&Down”, la rubrica che elegge i migliori e i peggiori della settimana tennistica appena conclusa.
UP
Roberta Vinci
E chi se non la Robertina nazionale? La nostra numero 1 (tecnicamente sarebbe ancora Pennetta, che di tornare in campo non vuole saperne, giustamente aggiungerei) si fa un bellissimo regalo di compleanno anticipato: accanto alla torta per i suoi 33 anni potrà sfoggiare fieramente il trofeo del WTA Premier di San Pietroburgo. Un titolo che arriva a quasi tre anni di distanza dall’ultimo (Palermo 2013) e che diventa senza dubbio il più importante dei 10 vinti dall’azzurra: oltre al torneo russo abbiamo anche Bogotà nel 2007, Barcellona 2009, Lussemburgo 2010, ancora Barcellona, Hertogenbosch e Budapest nel 2011, Dallas 2012, Katowice e appunto Palermo nel 2013. Resta un ultimo grande obiettivo, sbandierato ai 4 venti: diventare la quarta italiana a fare il suo ingresso in top 10 dopo Pennetta, Schiavone ed Errani. I punti che la separano dalla meta sono veramente pochi e già dopo Dubai potremmo essere qui a parlare di un altro bellissimo “italian job”.
Dominic Thiem
Occhio, occhio, occhio a questo ragazzo austriaco dal rovescio a una mano, perché molto presto potrebbe diventare un signor giocatore da rosso. Già lo scorso anno aveva dato saggio delle proprie qualità grazie alla tripletta Nizza, Umago, Gstaad e questa stagione ha voluto ribadire il concetto andando a vincere il titolo a Buenos Aires, dove la concorrenza peraltro era spietata. A farne le spese è stato un sempre più deprimente Nadal, schiantato alla distanza da quello che potrebbe davvero essere il degno erede di Thomas Muster. Se battere il maiorchino era compito sicuramente arduo, non meno semplice era ripetersi a distanza di poche ore contro Nicolas Almagro, con addosso le scorie della semifinale fiume del giorno prima. Thiem invece ha voluto esagerare e non solo ha battuto anche il giocatore di Murcia, ma lo ha fatto al termine di un altro match durissimo e molto equilibrato. Cosa gli manca per fare un salto di qualità anche sulle superfici più rapide? riuscire ad avanzare la sua posizione in campo per giocare più vicino alla riga di fondo: un po’ quello che Wawrinka riuscì a fare qualche anno fa diventando definitivamente un top player. Vedremo.
Taylor Fritz
Il torneo di Memphis lo ha vinto Kei Nishikori, ma i riflettori sono puntati più sul finalista perdente. Di chi si tratta? Di Taylor Fritz, un ragazzotto di 1.93 che potrebbe risollevare le sorti del tennis maschile americano, aggrappato da un po’ di anni al bravo e volenteroso John Isner. Quello che sorprende dell’americano è la sua capacità di bruciare le tappe: ha appena 18 eppure è già riuscito a vincere dei tornei Challenger, a qualificarsi per un torneo dello Slam e a giocare una finale ATP! Sbilanciarsi è sempre pericoloso, anche perché tanti hanno deluso le aspettative, ma Fritz sembra davvero avere quel qualcosa in più che contraddistingue il purosangue da corsa dal semplice buon cavallo. Le wild card iniziano a fioccare, le opportunità per misurarsi con i grandi non gli mancheranno e gli americani incrociano le dita perché forse è arrivato davvero il momento del loro riscatto dopo anni decisamente mediocri.
DOWN
Rafael Nadal
Non sarebbe giusto infierire su un povero toro ferito, ma per Nadal le cose non sembrano migliorare, anzi… A Buenos Aires cercava fiducia soprattutto in vista della stagione sul rosso, quella davvero cruciale per lui. E le risposte sono state tutt’altro che positive: Dominic Thiem lo ha bastonato severamente dopo due ore e 50 di partita, una di quelle che lui era abituato a vincere spesso per sfinimento. Invece non solo l’avversario gli ha tenuto testa senza mollare di un centimetro, ma nel momento decisivo – tie break del terzo set – è stato proprio Nadal a sentire di più la pressione. Insomma tentativo di riscossa fallito, ci riproverà a Rio de Janeiro ma vederlo in queste condizioni può far piacere solo ai suoi detrattori che probabilmente godranno parecchio. Che tristezza Rafa.
John Isner e Jo-Wilfried Tsonga
Chi li capisce e bravo. Partiamo da Isner: invece di presentarsi a Memphis a giocare sul veloce indoor e con la prospettiva di essere il secondo favorito per la vittoria finale, Long John ha optato per la terra di Buenos Aires, perché a suo dire preferisce giocare sul rosso. Eppure dei suoi 10 vinti solo 1 si gioca sulla terra ed è quello di Houston, dove le condizioni sono comunque più rapide rispetto ai tornei sudamericani o europei. Davvero pensa che rinunciare ai tornei di casa sua, dove ha sempre fatto bene, per tentare un’improbabile exploit da terraiolo sia la scelta migliore? La risposta è arrivata subito: sconfitta contro Lajovic e addio immediato a Buenos Aires. Tirata d’orecchie anche per Cassius Jo: ha preferito la tournée sudamericana anziché i tornei europei indoor sul veloce perché aveva voglia di qualcosa di nuovo. A Buenos Aires e a Rio poteva anche andarci in vacanza, per fare punti e vittorie era meglio bazzicare tra Rotterdam e Marsiglia. Incomprensibile.
L’ATP di Rotterdam
Quando Roger Federer ha annunciato il suo forfait per il torneo, Richard Krajicek deve aver avuto un mancamento: in un attimo è passato dall’avere il sold out assicurato a una disperata ricerca del rimpiazzo adeguato a sua maestà Rogerio. Ci ha provato con Stan Wawrinka e Novak Djokovic, ma entrambi hanno preferito lasciar perdere, nel frattempo Gasquet si cancellava dall’entry list lasciando uno degli ATP 500 più importanti senza nemmeno un top 10 in tabellone. Non una gran figura, soprattutto se si pensa che gli altri due tornei della settimana potevano contare su nomi mica male come Nishikori, Nadal, Ferrer e Tsonga. Alla fine a vincere è stato Martin Klizan, a cui vanno tutti i nostri complimenti, però dando un’occhiata all’albo d’oro si intuisce come quest’anno qualcosa sia andato decisamente storto.
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