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Challenge Round. Gajdosova e il cognome delle tenniste sposate

TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Jarmila Gajdosova, ex Groth, è divenuta ora Wolfe. Ma è proprio necessario che alcune tenniste, una volta sposate, cambino il proprio cognome nei tabelloni del circuito?

Da qualche giorno una tennista apparentemente nuova di zecca si aggira per gli stadi del Tour maggiore. Si tratta di Jarmila Wolfe, ventotto anni, di nascita slovacca ma di nazionalità australiana. Appena se ne scorgono i lineamenti in campo, il dubbio che si tratti di una debuttante è presto sciolto: la giocatrice altri non è che la già conosciuta Gajdosova, sposatasi di recente con tale Adam Wolfe, di cui ha preso il cognome. Jarmila, peraltro, è stata nota nel circuito per un paio d’anni abbondanti come Groth, dopo il suo primo matrimonio con il collega Sam. Insomma, Gajdosova, Groth, ancora Gajdosova e ora Wolfe: siamo già al quarto cambio di “intestazione” nei tabelloni Wta.

Non stiamo qui a discutere sulla legittimità o meno della scelta: nella vita di tutti i giorni ognuno, uomo o donna che sia, dovrebbe essere libero di decidere in tal senso. Per quanto ci riguarda, rovesciando il discorso per rendere più chiaro il concetto, Federer e Djokovic potrebbero anche farsi chiamare Roger Vavrinec e Novak Ristic, senza per questo sentirsi in obbligo di rendere conto a chicchessia. Però, almeno a livello sportivo, sarebbe buona regola mantenere il cognome con il quale ci si è affacciati al circuito, o almeno quello con cui si è divenuti noti. È una questione di chiarezza, volta a evitare confusione. Ovvio che al giorno d’oggi il caos sia più semplice da gestire, ma, per dire, ricostruire i palmarès ai primordi del nostro sport è reso assai complicato proprio da situazioni del genere, con tenniste denominate prima in un modo e poi in un altro. Come capire se fosse o meno la stessa persona? Molti casi sono stati dipanati, ma non sempre è stato possibile risolvere il dilemma.

Una trentina d’anni or sono Rino Tommasi scrisse su “Matchball” un articolo dall’eloquente titolo “Evert For Ever”, invitando di fatto la campionessa statunitense a conservare sportivamente il suo cognome d’origine, visto che, dopo il matrimonio con il tennista inglese John Lloyd, era spesso appellata con il nome di famiglia di quest’ultimo. A qualche tempo dopo risale la celebre gaffe del grande “Bisteccone” Galeazzi, che, commentando in tv un match dell’australiana Nicole Bradtke, affermò che gli ricordava “la Provis”: ebbene, era proprio lei, con la nuova “identità” post-nozze!

Va detto che anche nel passato più o meno recente è accaduto che le giocatrici salissero alla ribalta con il cognome acquisito. Ricordiamo, per esempio, fuoriclasse come Margaret Smith (coniugata con Barry Court) o Evonne Goolagong (Roger Cawley). Persino la massima paladina dei diritti delle donne nel tennis, Billie Jean King, si chiamava in realtà Moffitt e il cognome “regale” lo prese dal marito Lawrence. Più tardi Justine Henin, da sposata, ha preferito invece, dal punto di vista tennistico, aggiungere il cognome del coniuge al suo, venendo chiamata per un certo periodo Henin-Hardenne, prima di divorziare e tornare alle origini.

Non è questa la sede per discorsi a sfondo sociale: il mondo si è evoluto e seguita a farlo, per cui certi diritti un tempo messi in discussione stanno facendo breccia nel comune sentire della gente. Bene così: qui, a ogni modo, ci si riferisce solo alle identità sportive, e allora, ferme restando tradizioni e libertà individuali, sarebbe preferibile che Jarmila restasse sempre Gajdosova, così come Klara Koukalova (e non Zakopalova, com’è stata per qualche tempo) e via dicendo. Appassionati, addetti ai lavori e, soprattutto, compilatori di statistiche non potrebbero che esprimere la loro sincera gratitudine…

 

Fabrizio Fidecaro

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