TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Pochi, a due anni di distanza, ricordano lo scetticismo con il quale venne accolta la scelta di Roger Federer di assumere Stefan Edberg come suo coach. “E’ solo per immagine”, venne sentenziato da più parti. E’ vero che lo svizzero non ha vinto uno Slam con lo svedese vicino, ma l’impatto sul suo gioco, come lo stesso Federer riconosce salutandolo, è stato fondamentale. Così come è fondamentale rinnovarsi. Anche perché Edberg doveva andare via… E dice: “Rimarrò sempre parte del suo team, spero di poterlo seguire per qualche torneo nel 2016, ma l’accordo era chiaro, era l’ultimo anno che avrei potuto seguirlo”.
Roger Federer ha 34 anni. E alla fine della sua diciassettesima stagione da professionista, ha deciso di rinnovarsi ancora, aggiungendo novità al suo team.
Forse in pochi si rendono conto di quanto questo sia raro e assolutamente non scontato: Roger Federer ha 34 anni ed ha vinto tutto, battuto tutti i record e non ha niente da dimostrare a nessuno; eppure si rinnova ancora. La partnership durata due anni con Stefan Edberg si è conclusa: per forza di cose. Perché Edberg lavora altrove in Gran Bretagna (industria di legname e socio di una società di management, la CASE) e solo Roger lo ha convinto prima a buttarsi in questa avventura e poi a estendere il contratto che era inizialmente di un anno per un altro ancora. In queste due stagioni, Stefan Edberg non ha avuto il piacere e la soddisfazione di vedere lo svizzero alzare un trofeo del Grande Slam: un peccato per tutto quello che lo svedese ha dato a Federer. Per come ha trasformato il suo gioco. Un gioco che, lo stesso Roger dice essere profondamente influenzato dal suo apporto e sempre lo sarà.
Ho avuto la fortuna, come tanti appassionati ed addetti ai lavori, di assistere ad allenamenti “Fedberg”. Uno dei primi, sulla terra ma con la testa già evidentemente all’erba, riguardava i passi da compiere per arrivare a rete con il giusto timing, il resto lo avrebbe fatto il braccio. Non sono tanti gli allenatori che hanno influenzato “tecnicamente” Roger Federer, da sempre poco avvezzo ai consigli di chi crede possa “tarpare” la propria creatività.
Il primo è stato indubbiamente Peter Lundgren (Carter lo costruì proprio da bambino, è una cosa differente), poi Roche costruì un rovescio in top degno del suo nome. E infine Edberg.
Paul Annacone è stato un maestro di tattica e di approccio per Roger, ricordandogli l’anticipo come nessun altro, ma vere innovazioni tecniche non ne ha portate.
E di innovazioni tecniche, a questo punto, forse Roger Federer non ne ha bisogno. Almeno, non molte di più.
Più che concentrarsi sulla forzata fine del rapporto con Edberg, quindi, si dovrebbe pensare alla ormai presente collaborazione (anche) con Ivan Ljubicic, che affiancherà Severin Luthi, che dal 2008 accompagna Federer con “discreti” risultati e che come Pierre Paganini, è una pedina inamovibile dal team dello svizzero.
Ivan è da sempre amico di Federer, un confidente, uno di cui si fida. Molto vicino al team di Roger e anche alla sua famiglia. Diversi mesi fa accompagnò tutta la famiglia a Disneyland. Forse già da allora ne stavano parlando. La sua esperienza con Raonic è positiva: gli dà esperienza e dimostra la conoscenza del circuito. In più ha avuto un ottimo maestro come Riccardo Piatti. Non è quindi una scelta che stupisce, sebbene i due siano vicini come età e molto amici.
Potrà Ljubicic portare novità al tennis di Federer? Tecniche forse no (vista l’ormai completezza raggiunta dall’elvetico), tattiche probabilmente sì. Anche riguardo all’approccio mentale, potrebbe rivelarsi utile, essendo Ivan uno che può permettersi di dirgli le cose come stanno anche quando a Roger non piace sentirle.
La vera scommessa di Federer è ancora mantenersi integro e motivato, Ljubicic non potrà fare danni. E quel che viene, a questo punto, è sempre qualcosa in più. Ma, come Federer insegna, con uno stimolo e un confronto in più.
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