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Best of 2015: le 12 sorprese più importanti della stagione WTA

TENNIS – Di Diego Barbiani

12) Date Krumm b. Lisicki 1-6 7-6(4) 6-3, Stanfors, primo turno (purtroppo mancano dei veri highlights su internet, si può trovare solo il match point)
E’ una scelta derivata da alcuni fattori: primo, Lisicki conduceva 6-1 4-1 e servizio; secondo, la tedesca ha vent’anni in meno della sua avversaria; terzo, Kimiko aveva perso prima di quella sera tutti i match (tre) giocati a livello WTA in stagione.

E’ di qualche giorno fa la (bellissima) lettera della giapponese che raccontava la sua vita e descriveva il suo amore per il tennis come un fattore ancora troppo determinante per pensare di smettere. In quella lettera, c’è un passaggio in cui fa proprio riferimento a quanto accaduto in quella partita, che probabilmente ha segnato un punto di svolta importantissimo e chissà, se fosse finita 6-1 6-2 (o peggio) come si stava materializzando, forse il tono e il fine sarebbero stati differenti, forse avrebbe deciso di lasciar perdere. Invece è giunta una vittoria che per Date Krumm ha voluto dire oro, anche se il match point fu, come dire, leggermente beffardo.

11) Kichenok b. Pennetta 6-3 7-5, Tianjin, primo turno (niente highlights)
Flavia aveva già annunciato il ritiro da circa un mese, nella serata che l’ha vista trionfare in finale a Flushing Meadows. Dopo, è arrivato un periodo fatto di celebrazioni e (meritati) riconoscimenti che qualcosa possono averle tolto in termini di motivazioni verso l’ultimo obiettivo, poi centrato: le WTA Finals di Singapore. Già a Pechino, al primo turno, aveva rischiato grosso contro la wild card locale Xinyun Han, appena fuori delle prime 150 del mondo. Poi l’approdo agli ottavi sembrava poter averla messa un po’ ‘in palla’, ma al primo turno di Tianjin è arrivata una sconfitta davvero incredibile contro Lyudmyla Kichenok, n.414 del mondo, che equivale anche ad una delle sconfitte (in termini di ranking avversario) peggiori mai registrate da una top-10. L’azzurra poi è riuscita a Mosca ad ottenere la vittoria che le ha dato la certezza di volare a Singapore, ma quel giorno contro l’ucraina non è stata proprio in grado di rimediare alle fucilate che partivano dalla sua racchetta. Lyudmyla, che qualcuno ricorderà forse perché a Wimbledon 2014 assieme alla gemella Nadiya hanno messo in grande difficoltà Sara Errani e Roberta Vinci in doppio, ha giocato una partita perfetta, picchiando ogni palla e limitando gli errori, ma quando andò a servire per la prima volta per il match e fu brekkata, sembrava l’inizio di un nuovo match. Invece, Flavia ha perso nuovamente il servizio a zero. Troppi indizi che raccontano come quello, proprio, non fu il giorno di Flavia.

10) Ostapenko b. Suarez Navarro 6-2 6-0, Wimbledon, primo turno 
Può una tennista junior all’esordio assoluto nel circuito dei grandi, ridicolizzare una top-10 in meno di un’ora. Carla Suarez Navarro non sarà una specialista dell’erba, ma quel giorno è stato uno dei più brutti della sua stagione, presa a pallate dal primo all’ultimo punto dall’appena diciottenne giocatrice della Lettonia, campionessa di Wimbledon junior nel 2014. Un numero elevato di risposte vincenti, anticipi perfetti e pulizia dei colpi straordinaria. E tutto questo, ripetiamolo, all’esordio nel circuito maggiore e contro una top-10, come se fosse una partita già giocata mille altre volte e dove ormai sapesse benissimo cosa fare per infilare una serie di dieci game ad una delle migliori giocatrici dei primi sei mesi della stagione.

9) Konta b. Muguruza 6-4 4-6 6-3, Eastbourne, ottavi
Ad Eastbourne è cominciata la scalata di Johanna Konta al ranking WTA. La britannica si trovava allora al n.143 del mondo e dopo aver eliminato Zarina Diyas al primo turno e Ekaterina Makarova al secondo,  è riuscita nell’impresa di battere anche Garbine Muguruza, la stessa che due settimane più tardi si sarebbe trovata a sfidare Serena Williams per il titolo di campionessa di Wimbledon. Le due hanno un gioco piuttosto simile, tanto che la sfida rimase in equilibrio per due set interi. Konta ha vinto il braccio di ferro grazie ad un break nel quarto game del set decisivo. Ancora più combattuta, invece, la sfida che le due hanno disputato agli US Open e dove fu stabilito il record di durata per un match femminile (tre ore e ventitrè minuti).

8) Brengle b. Kvitova 6-3 7-6(4), Stoccarda, secondo turno
Una sconfitta che non riusciresti mai, mai, mai a realizzare. Madison Brengle ha vissuto i primi mesi della stagione raccogliendo più punti di quanto abbia fatto in tutta la sua carriera. A gennaio, ad Hobart, la prima finale in carriera. Una settimana dopo, gli ottavi agli Australian Open. Poi Stoccarda, dove è entrata come ultima classificata nel main draw ed ha eliminato una delle protgaoniste più attese, rientrata il weekend prima in Fed Cup dopo due mesi di assenza. Una partita che la statunitense ha dominato dai primi game e che poteva chiudere anche più nettamente. In generale, Kvitova non ha mai avuto chance concrete di tornare in partita. 

7) Jankovic b. Kvitova 3-6 6-4 6-3, Wimbledon, terzo turno
Jelena Jankovic non ha mai gradito l’erba di Wimbledon. Ha vinto il suo unico Slam qui, in doppio misto con Jamie Murray, ma in singolare ha sempre fatto pochissima strada. Quest anno, addirittura, si è presa il lusso di eliminare la campionessa in carica Petra Kvitova recuperando uno svantaggio di 3-6 1-4 e servizio per la ceca. Un mese dopo, si scoprì che da inizio anno (da Sydney, circa) la vincitrice di Wimbledon 2011 e 2014 soffriva di mononucleosi, ma quel giorno fu uno shock enorme perché dopo due match impeccabili contro Kiki Bertens e Kurumi Nara dove aveva ceduto tre game, è crollata quasi vicina al traguardo gettando alle ortiche un’occasione enorme di fare nuovamente bene nel suo Slam preferito vista poi la strage di teste di serie.

6) Gavrilova b. Sharapova 7-6(4) 6-3, Miami, secondo turno
Non capita tutti i giorni di vedere Maria Sharapova battuta da una giocatrice fuori dalle prime 100 del mondo. E’ successo pochissime volte fin da quando a sedici anni si affacciò nel circuito WTA. Quella sera, Daria Gavrilova giocò un match sensazionale, con un mix perfetto tra varietà di colpi e di approccio allo scambio, sapendo quando difendere e quando attaccare. Fu il primo capolavoro della tennista diventata ora australiana a tutti gli effetti, capace poi di raggiungere la semifinale a Roma superando Ana Ivanovic e Timea Bacsinszky, fermata da un problema addominale al Roland Garros quando era una delle vere mine vaganti del torneo. Quell’infortunio ha frenato la sua crescita in stagione, ma l’obiettivo iniziale di entrare tra le prime 50 del mondo è stato raggiunto già dopo la settimana al Foro Italico. Ripartisse con la stessa carica nel 2016, potrebbe togliersi altre soddisfazioni importanti.

5) Hradecka b. Ivanovic 1-6 6-3 6-2, Australian Open, primo turno
Si tratta della vittoria più importante della carriera di Lucie Hradecka, quella che ha dato il via al suo rientro nei top-100 a cui è seguita poi la semifinale a Charleston. Per Ana Ivanovic, invece, l’inizio di un calvario. Veniva dalla bella finale persa a Brisbane contro Maria Sharapova e lo scorso anno, a Melbourne, aveva raggiunto i quarti di finale. Poteva essere una delle protagoniste, invece si è sciolta dopo un primo set dove pur senza strafare era riuscita ad ottenere un netto 6-1. Con due doppi falli su due palle break ha ridato vita alla ceca, che con coraggio ed accelerazioni vincenti ha costruito la sua impre
sa. Si è scoperto, in conferenza stampa, che la serba aveva giocato con un problema al piede, fattore che poi ha inciso fino al mese di aprile quando a Stoccarda rivelò di aver appena ricominciato ad allenarsi in maniera più intensa. Quel giorno, però, gli occhi furono tutti verso la sua avversaria.

4) Lucic Baroni b. Halep 7-5 6-2, Roland Garros, secondo turno
Qualche mese prima, a New York, Mirjana Lucic Baroni fu in grado di recuperare da 2-5 e servizio per Simona Halep prima di sconfiggerla per 7-5 6-2 ed accedere agli ottavi di finale di una prova dello Slam per la prima volta dal 1999. Quel giorno, invece, non ci fu bisogno di alcun recupero perché la croata giocò in maniera forse ancor più impeccabile. La rumena è stata presa a pallate con costanza e precisione. Una delle (poche) volte in stagione in cui Lucic Baroni può dire di aver fatto tutto alla grande senza passaggi a vuoto (alcuni clamorosi) che hanno portato a perdere partite già vinte.

3) Cepelova b. Halep 5-7 6-4 6-3, Wimbledon, primo turno
Per raccontare la seconda, inattesa, sconfitta prematura di Simona Halep in uno Slam (tra l’altro nel 2014 tra Roland Garros e Wimbledon fu protagonista di una finale ed una semifinale) bisogna citare le sue dichiarazioni di qualche settimana dopo, quando ammise che le minacce di morte ricevute probabilmente la stavano condizionando fin troppo. I numeri certificano questa situazione: fino a Stoccarda aveva una media di una sconfitta ogni sette partite, da dopo Stoccarda (le minacce arrivarono il giorno dopo la vittoria contro Garbine Muguruza) il dato crolla ad una sconfitta ogni tre partite, che crolla ulteriormente ad una sconfitta ogni due partite se si esclude la trasferta nordamericana di agosto. Quel giorno, a Wimbledon, ne approfittò Jana Cepelova, passata dalle qualificazioni perché il suo ranking era ben oltre la centesima posizione mondiale, frutto di un periodo disastroso che ha fatto seguito la finale (l’unica fino ad ora ottenuta in carriera) a Charleston nel 2014, torneo in cui battè anche Serena Williams.

2) Bencic b. Serena Williams 3-6 7-5 6-4, Toronto, semifinale
Si dovrebbe comprendere tutto il torneo della svizzera nel contesto delle ‘sorprese’, avendo superato una ad una tutte giocatrici almeno giunte in finale di Slam, tre delle sei anche al n.1 del mondo. Eugenie Bouchard, Caroline Wozniacki, Sabine Lisicki, Ana Ivanovic, Serena Williams, Simona Halep. Cadute tutte una dopo l’altra sotto i colpi della diciottenne di Flawil, che in semifinale compì il vero capolavoro riuscendo a battere la n.1 del mondo, imbattuta sul cemento outdoor dalla semifinale di Montreal di un anno prima, quando perse dalla sorella Venus. Fu una delusione tremenda per la statunitense, che dovette assistere anche a dei fuochi d’artificio sparati al termine del match, quasi a festeggiare il successo della sua avversaria. 

1) Vinci b. Serena Williams 2-6 6-4 6-4, US Open, semifinale
Dire che siamo di fronte alla sorpresa dell’anno è riduttivo. Questa potrebbe essere tranquillamente catalogata tra le più grandi sorprese della storia dello sport. Roberta Vinci che interrompe il sogno di Serena Williams? E’ vero, è successo, ma per molti deve essere ancora difficile crederci. Con la statunitense ormai a pochissimi passi dal Grande Slam, con la finale già sold out da tempo, con gli statunitensi pronti a celebrarla, con le copertine delle riviste e le prime pagine dei giornali che già erano diventati divertenti nel voler tenere un’ombra di mistero in qualcosa che sembrava già essere scritto. Soprattutto, i due dati forse più ‘terrificanti’ dopo il primo set: Roberta non aveva mai vinto più di quattro game in un set con Serena e la n.1 del mondo non perdeva un match agli US Open dopo aver vinto il primo parziale addirittura dal 2004, in un match travagliato contro Jennifer Capriati che poi diede il là alla sperimentazione della moviola in campo fino all’introduzione qualche anno più tardi. Casualmente, anche quella volta il punteggio finale fu 2-6 6-4 6-4. Capriati, però, aveva altre sei vittorie all’attivo contro la minore delle sorelle Williams. Per Roberta, invece, fu una prima volta entusiasmante, arrivata al termine di una partita da batticuore, dove lei stessa disse, al cambio campo sul 5-4 e servizio nel set deiciso: “Ora mi strapperà il servizio, non dovrò perdermi d’animo”. La tarantina, invece, quel servizio fu in grado di tenerlo, per di più a zero, con due punti all’interno del game che furono da standing ovation. Vogliamo ricordare quanto era quotato un suo successo quel giorno? Giocando 10 euro, si vinceva 300 volte tanto.

 

Diego Barbiani

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