TENNIS – Di Diego Barbiani
SINGAPORE. Congratulazioni ad Agnieszka Radwanska, perché da oggi, e con il massimo dei voti, è ufficialmente nominata Maestra del tennis.
Il successo più importante della sua carriera viene raggiunto dopo tanti problemi, sia all’interno delle stesse WTA Finals che di una stagione dove verso metà anno si trovava addirittura, a livello di Race, al margine delle prime trenta del mondo. Proprio per questo, però, la felicità deve essere doppia, tripla, quadrupla. Due capolavori, tre se considerato anche Simona Halep, nelle ultime due partite di questo evento. Prima Garbine Muguruza, sconfitta al termine di una delle partite più belle dell’anno, oggi Petra Kvitova, superata in una nuova maratona conclusasi 6-2 4-6 6-3.
Tanti problemi per la ceca, ben diversa dalla versione luminosa ammirata ieri contro Maria Sharapova. Dopo una partenza col braccio bloccato, sono arrivati alcuni frangenti a metà del primo set dove andava troppo d’impeto, con meno controllo sul dritto e due smash a campo aperto diventati errori da circoletto con la matita blu. Quelli che non puoi proprio permetterti quotidianamente, meno che meno contro la Radwanska ‘arraffa-tutto’ di oggi, che ha limitato rispetto a ieri i colpi di genio che ieri sono diventati i veri highlights della partita vinta contro la spagnola. Però sì, c’era una differenza importante che andava al di là dei vincenti o gratuiti dell’una e dell’altra: Radwanska, se rimaneva ferma nel centro del campo durante il punto, aveva quasi la certezza di ottenere il punto, quando veniva spostata era una scheggia, coprendo benissimo ogni angolo; Kvitova non riusciva a crearsi basi sicure neppure quando comandava lo scambio, quando invece veniva spostata le difficoltà erano ancora più grandi, con tantissima fatica negli spostamenti soprattutto dal lato del dritto.
C’era però un dato che ha tenuto a galla la partita: le zero palle break affrontate dalla polacca fino al 6-2 3-1. Un’occasione, prima o poi, l’avrebbe avuta. Se non proprio una palla break, almeno un game complicato, farla pensare un po’ di più, farla trattenere il braccio in qualche situazione. Così il game che ha girato il secondo parziale è stato il primo dove la giocatrice di Cracovia non ha messo una prima di servizio. Avanti 5-4, la ceca ha fucilato l’avversaria con soli vincenti di dritto. A fare la vera differenza, nel suo tennis, un po’ tranquillità in più. Colpendo a tre quarti di forza, aumentava il controllo pur mantenendo un livello di pericolosità elevato.
I primi game del terzo set hanno regalato le emozioni più grandi, poi è subentrato in Kvitova un affaticamento alla coscia fasciata e qualche brutto errore come non capitava da qualche minuto. La polacca ne ha approfittato per ritrovare fiducia e prima di servizio nel game che le ha permesso di staccare l’avversaria.
«Fino a qualche settimana fa neanche sapevo se fossi riuscita a partecipare a questo torneo» ha detto sul palco della premiazione, quasi impacciata poi nel momento in cui le hanno consegnato la coppa, attratta da quel trofeo che per lei vale davvero un’enormità. Non ci fosse stato lo US Open, o il succeso di Bencic a Toronto con le vittorie in successione su Bouchard, Wozniacki, Lisicki, Ivanovic, Serena Williams e Halep, questo sarebbe senza dubbio il torneo con l’esito più incredibile dell’anno.
La ‘professoressa’, come la chiama Muguruza, ha così colmato parte di quel ‘gap’ che la separava dalle colleghe, quel divario che nell’opinione pubblica l’ha sempre messa uno, due, tre gradini sotto tutte le altre che con lei hanno occupato la top-10 dal 2008 ad oggi. Il suo sogno nel cassetto rimane uno Slam, ma vincere un Master così, con due successi nei match decisivi (ribaltando quello che è stato il filo conduttore della sua carriera: una difficoltà nervosa negli appuntamenti cruciali che le è costata fin troppo), deve regalare un’iniezione di fiducia enorme.
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