TENNIS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Altro giro, altra corsa: altra vittoria, altri record. Altre domande: quando finirà? Fino a quando Roger starà tra noi? Lui continua a non dare certezze anche se ormai l’ipotesi 2016 è lontana ad anni fa, quando aveva posto un possibile punto. Ora Federer è ancora numero 2 del mondo e continua a vincere. “Non lo so quando finirà”, dice. “Ma non lo dirò molto prima”.
“Poi d’improvviso tutti gli anni per terra come i capelli dal barbiere, come la vita che non risponde e il tempo fa il suo mestiere” . Parole a memoria, una canzone nostalgica e dolorosa di un De Gregori da maturità, perfetta per chi si guarda indietro e spesso rimpiange il tempo che fu, con affetto sincero e un po’ di amarezza difficile da nascondere.
Il rischio che Roger Federer avrebbe potuto correre domenica scorsa, mentre alza la sua settima coppa in terra natia, tra lo sguardo sempre impassibile (e forse anche un po’ deluso) di Brenwald, il direttore del torneo di Basilea e le smorfie di disappunto rassegnato di Nadal, nemico di sempre, rivale insuperabile nella sua carriera. I romantici del gioco, i drammatici ad ogni costo avrebbero potuto figurarsi un cerchio perfetto, una chiusura del cerchio compiuta e precisa. Chiusura che Roger non vede, non vede ancora.
E nessuno capisce perché: “Quando ti ritirerai?”. “Quanto ancora pensi di poter dare al tennis?”. “Il 2016 sarà l’ultimo anno?”. E’ un tipo paziente lo svizzero, in barba a quelle racchette spaccate in gioventù, un tipo che ormai ha imparato a incassare e ripetersi: “Io non lo so quando finirà tutto questo, so che ho un piano preciso per il 2016, so che non voglio fermarmi lì, so che vorrei già programmare il 2017, vacanze incluse. So che vorrei inaugurare lo stadio nuovo qui a Basilea nel 2018, vorrei che fosse uno dei miei ultimi tornei, se non l’ultimo. Vorrei però anche trascorrere del tempo libero con i miei figli”.
Il padre ed il tennista. Il ragazzo ambizioso che ha imparato ad essere uomo, a misurare il tempo e a gestirlo senza odiarlo, troppo impegnato, troppo frenetico. In tutto questo tempo, però, amore e nulla più. Passione infinita per uno sport che lo ha cambiato e che ha contribuito a cambiare, responsabilità di un uomo maturo per la famiglia che ha scelto per sé e che vive la giostra delle emozioni del suo tennis.
Dal 2016 passiamo al 2018. Un punto su una retta che si sposta di due anni. “There is no finish line”, una frase che spesso Herr Federer ha mostrato a tutti sulle proprie t-shirt, un messaggio chiaro, una ripetizione per quelle domande infinite, per chi vuole sapere, prepararsi, conoscere la verità:
“Di certo non voglio fare un tour d’addio, per cui quando deciderò non lo dirò troppo in anticipo”.
Era solo per sapere, Roger.
“Se tutto quanto era stato detto o c’erano cose da dire ancora?”
Troppe cose, forse, avrebbe da dire Federer. Tante non le dirà. Molte, ancora, accadranno in campo. Senza l’ansia della fine.
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