TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – L’inquinamento dell’aria a Pechino ha da tempo superato la soglia di guardia. Loro malgrado, se ne sono accorti anche i tennisti del China Open, come Eugenie Bouchard e Jo-Wilfried Tsonga. Ma l’odore dei soldi è più forte…
Lo chiamano “airpocalypse”, fondendo in una parola sola i termini “aria” e “apocalisse”. È il soffocante inquinamento atmosferico che da tempo infesta Pechino, e di cui in occidente ci accorgemmo nitidamente sette anni fa, in occasione dei Giochi Olimpici estivi. La situazione si fece ancora più preoccupante nell’inverno 2012-13 e ora è di nuovo tornata alla ribalta a causa dello sport. Infatti, Eugenie Bouchard e Jo-Wilfried Tsonga si sono sentiti male nel corso dei match contro Andrea Petkovic e Andreas Haider-Maurer. Dal canto suo, Martin Klizan, che all’esordio con Fabio Fognini ha raccolto appena tre game, ha dichiarato che la cappa di smog gli ha provocato tosse e vomito e che, pertanto, non giocherà mai più un torneo nella capitale cinese. E sono tante altre le voci che, più o meno apertamente, si esprimono in tal senso.
L’inquinamento è alle stelle un po’ ovunque nel territorio dell’antico Catai, raccontato da Marco Polo nel “Milione”. La zona messa peggio è proprio quella che va da Pechino a Shanghai, non distante anche da Wuhan: tutte località teatro di importanti eventi dei due circuiti maggiori tennistici. Richard Muller, direttore scientifico dell’associazione non-profit Berkeley Earth, ha reso noti i risultati di un accurato studio, secondo cui è emerso che respirare l’aria di Pechino equivarrebbe a fumare quasi quaranta sigarette al giorno. Questa situazione sarebbe il motivo alla base di un milione e seicentomila decessi all’anno, all’incirca il 17 per cento del totale nel Paese.
Ovvio che il mondo dello sport, e del tennis nel nostro caso, possa influire ben poco sulle politiche economiche dei governi. D’altro canto, il mercato cinese è ricchissimo, ha ospitato e continua a ospitare eventi Atp e Wta di grande rilievo, inoltre da tempo si vocifera di un possibile ritorno da queste parti delle Atp World Tour Finals, che già hanno avuto luogo a Shanghai nel 2002 e dal 2005 al 2008. Per di più, dopo i recenti Giochi estivi, Pechino è stata designata a ospitare anche quelli invernali nel 2022 e sarà dunque la prima città sede di entrambe le manifestazioni.
L’odore dei soldi è fortissimo e, come sempre accade, riesce a sovrastare persino le sostanze nocive che infestano l’aria. Non si spiegherebbe, altrimenti, come buona parte dei tennisti preferisca scendere in campo a Pechino anziché a Tokyo, nonostante le due prove assegnino esattamente gli stessi punti: in Cina, però, il montepremi è quasi il triplo rispetto al Giappone. Logico che le scelte di atleti professionisti vadano in un certo senso, e anche i dirigenti delle Associazioni Giocatori non possono non pensare ai loro bilanci e agire di conseguenza.
Però, episodi come quello accaduto al malcapitato Tsonga dovrebbero suscitare qualche riflessione. Insomma, d’accordo il business, la cultura del denaro a tutti i costi, i privilegi che derivano dal realizzare certi accordi: volenti o nolenti, schifati o meno, viviamo ogni giorno in una società nella quale certe priorità sono diventate la norma. Nello sport, però, sopra a tutto dovrebbe restare – almeno – la tutela della buona salute dei protagonisti. E organizzare eventi importanti in luoghi con livelli di inquinamento ben oltre la soglia di allarme vuol dire metterla coscientemente in secondo piano.
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