TENNIS – US OPEN – Di SAMUELE DELPOZZI. Come due giorni fa contro la Bencic, la trentacinquenne Venus Williams riavvolge nuovamente le lancette dell’orologio agonistico, schiantando l’incolpevole qualificata Kontaveit con un pesantissimo 6-2 6-1, in appena 50 minuti.
La cronaca di un match che di fatto non è mai esistito si può riassumere in una sola parola: servizio. La prestazione in battuta della Venerabile è stata infatti di una solidità impressionante, 84% di realizzazione con la prima e 71% dietro la seconda, la miseria di nove (!) punti concessi alla povera Anett nell’intero incontro.
Forse ancor più sorprendente, conoscendo lo stile di gioco della fuoriclasse americana, è il dato relativo agli errori non forzati, nove anch’essi: ancora oggi, nonostante l’età, la sindrome di Sjoegren e la lista infinita di acciacchi, è virtualmente impossibile per chiunque competere con una Venus così poco fallosa.
Fatte queste premesse, difficile giudicare la prova della giovane estone. Certo, tecnicamente è apparsa la tipica giocatrice dei nostri tempi – alta, bionda, potente, monocorde –, brava a giocare in progressione e dotata di un ottimo rovescio bimane, ma assolutamente sprovvista di un piano di riserva in caso di necessità: mai un cambio di ritmo o di rotazione, anche se – a sua discolpa – va detto che non molte oggi sarebbero state più equipaggiate a fronteggiare l’uragano dall’altra parte della rete.
Il torneo della Kontaveit resta comunque eccellente, sei vittorie in successione a partire dalle qualificazioni e nuovo best ranking in arrivo, per la prima volta in top-100. Se saprà aggiungere pezzi al suo puzzle tecnico-tattico, e migliorare la solidità del diritto ballerino, potrà certamente ambire a traguardi di classifica molto più alti, tenuto conto dei vent’anni ancora da compiere. L’Estonia ha insomma già pronta l’erede di Kaia Kanepi, avviata al crepuscolo della carriera tra un infortunio e l’altro.
Quanto alla Venere nera, può celebrare il secondo quarto di finale Slam stagionale dopo Melbourne, il primo all’US Open dal lontano 2010. Ora si allungano su di lei le ombre di un nuovo sorellicidio, a meno di un’improbabile impresa di Madison Keys ai danni di Serena: potrebbe essere l’ultimo delle loro straordinarie carriere, in un torneo così importante. E forse anche il più scontato nel pronostico, paradossalmente.
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