TENNIS – Di Gianluca Atlante
New York – Flavia Pennetta è ancora nei quarti di finale degli US Open, per la sesta volta dal 2008. 6-4 6-4 il punteggio con cui replica ancora una volta la superiorità su Samantha Stosur e dopodomani sfiderà una tra Petra Kvitova e Johanna Konta, in campo nel primo match della sessione serale.
La Grande Mela, i negozi della “quinta”, giapponese più che italiano e quel campo centrale, l’”Arthur Ashe”, nel quale ritrovarsi, sempre e comunque. Come in un sogno ricorrente, un po’ come quelli che Billy Cristal raccontava a Meg Ryan in “Henry ti presento Sally”. Come nel più bello dei sogni. Come nella realtà. Di ieri, di oggi, di sempre. New York è la sua città, il Billie Jean King Tennis Center, il luogo del ritrovo. Con il suo tennis, con la sua voglia innata di essere, contro tutto e tutti, ancora protagonista. Assoluta, oseremo dire, di un circuito che le appartiene come e più di qualsiasi altra cosa. Questo ed altro ancora come comun denominatore di una rinascita oltre oceano. Quella di Flavia Pennetta, mai doma, mai arrendevole, capace di tira fuori dall’umido cemento del Queen’s, quel qualcosa che lei ancora ha, dentro, molto dentro di se. La capacità di vincere match incredibili, di battere per la settima volta una signora giocatrice come Samantha Stosur, di continuare a dare lezioni di tennis a chi, anche in casa nostra, non ha ancora la minima cognizione di come si vincano partite di così alto spessore: doppio 6/4 e via di corsa, per l’ennesima volta ai quarti di finale dell’Open degli Stati Uniti. Come nel 2008, quando perse da Dinara Safina, dopo aver lasciato soli tre giochi (6/3 6/0 lo score) ad una certa Amelie Mauremso, come nel 2009, quando cedette a Serena Williams, non prima di aver incantato Flushing Meadows con l’epico match contro Vera Zvonareva, come nel 2011, quando dopo aver battuto Maria Sharapova, guardate un po’, proprio sull’”Arthur Ashe”, perse una buona occasione contro la Kerber, come nel 2013, quando con il sorriso sulle labbra, senza tanti pesi eccessivi sulle spalle, si issò sino alle semifinali mettendo in fila, una dietro l’altra, Sara Errani, Svetlana Kuznetsova, Simona Halep e Roberta Vinci, prima di arrendersi a Victoria Azarenka, come, infine, l’anno scorso quando fu ancora Serena Williams a sbarrarle la strada verso la seconda semifinale consecutiva nel quarto ed ultimo Slam stagionale. Una storia infinita, bella, bella da morire. E con una pagina bianca, a mo’ di Jovanotti, ancora da scrivere. Con il “ti amo” sotto. Per New York, per Flushing Meadows, per un torneo che è il suo. Oggi, a maggior ragione. Dopo l’ennesima partita perfetta di una storia che vorremmo, e speriamo che sia così, ancora lunga e piena di capitoli importanti.
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