TENNIS – NEW YORK – Di GIANLUCA ATLANTE.
Sara Errani si qualifica per il terzo turno degli US Open nonostante qualche malanno grazie a una buona rimonta su una bravissima Jelena Ostapenko, 18enne lettone che ha destano una grande impressione.
Assolutamente ammirevole la nostra “formichina”. Più forte dei malanni, accentuati da un caldo umido insopportabile e più forte della sua avversaria, la lettone Ostapenko, che un giorno si farà, probabilmente, ma che oggi è ancora acerba, anche per una Sara Errani a mezzo servizio, o forse anche ad un quarto. Stava male Sara, lo abbiamo capito a chiare note quando, sul 5-0 nel primo set per la sua avversaria, non ha potuto fare a meno di chiamare l’intervento del medico in campo.
Stava male, lo è stata per tutto il match, ma il “fighters” che è in lei ha finito per prevalere. Poi il “pillolone”, quando ha fatto effetto, le ha dato quel pizzico di forza in più per fare del suo carattere, un’arma letale per la sua avversaria. E così, dal 3-3 del terzo e conclusivo set, la partita è andata in archivio e così, allo scoccare delle due ore di gioco, da quegli occhi azzurri carichi di sofferenza, è tornato a brillare il sereno di un match che sembrava compromesso e che, invece, ha finito per sorridere alla nostra giocatrice, capace di chiudere al quinto matchpoint dopo che la lettone, nei primi quattro si era, davvero, inventata di tutto e di più.
Morale della favola, a lieto fine per il tricolore in trasferta negli States, si è trattato di una vera e propria impresa. Perchè giocare nelle condizioni in cui lo ha fatto la nostra numero 1, avrebbe portato chiunque, anche la più blasonata delle tenniste del circuito, ad ammainare bandiera prima del tempo e ad andare in doccia senza colpo fierire: 0/6 6/4 6/3 in due ore esatte di gioco. Sul “Grand Stand” di Flushing Meadows, il campo preferito dalla “leonessa” Schiavone.
Sarà un caso? Forse crediamo di no, considerando che la liberazione finale, nella quale affossare i malanni di un match oltremodoso sofferente, sulla sedia a bordo campo, ha rappresentato il comun denominatore di un match di nervi, di assoluta arrampicata, di salite infinite, con il traguardo sempre più lontano, ma alla fine tagliato vittoriosamente.
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