TENNIS – Di Diego Barbiani
NEW YORK. Dodici mesi fa Daria Kasatkina si trovava al n.637 del mondo, pochi mesi prima aveva ottenuto i primi punticini WTA della carriera. Grazie alla vittoria odierna per 6-4 6-4 sulla coetanea Ana Konjuh, altra stellina da lustrare e conservare con cura per gli anni a venire, la lucky looser arriva al terzo turno degli US Open ed ai margini delle prime 100 al mondo.
Dai campi dell’ITF da 25.000 dollari di Batumi, in Georgia, a quelli di Flushing Meadows. Un’ascesa che impressiona per la rapidità, la stessa che questa ragazzina di un metro e settanta centimetri mostra quando scende in campo.
Il suo viaggio con la racchetta è cominciato all’età di sei anni, quando assieme al fratello Alexander ha visto un campo da tennis mentre passeggiavano lungo le rive del fiume Volga a Togliatti, nella regione russa di Samara. Il nome così fortemente italiano deriva da Palmiro Togliatti, segretario del Partito Comunista Italiano morto una settimana prima che il 28 agosto del 1964 la città di Staprol-na-Volga cambiasse denominazione.
“All’inizio voleva essere solo un divertimento, lo giuro. Non pensavo proprio di fare la tennista professionista!” dice Daria, che per quattro anni ha continuato a giocare due o tre giorni a settimana allenandosi solamente un’ora con le altre ragazzine della scuola tennis. Poi lo scatto definitivo è arrivato quando a 10 anni ha vinto il primo titolo proprio a Togliatti.
“Tutto quello che mi sta capitando è incredibile. Non avevo neppure una classifica ad inizio del 2014 ed in un solo anno sono arrivata al n.350 del mondo”. In mezzo, tanti ottimi risultati come il primo titolo ITF vinto a Sharm el Sheik e quelli ben più importanti di Santa Croce (battendo in finale Cici Bellis, da cui perderà la finale del Bonfiglio poco dopo) e soprattutto del Roland Garros.
“Quello è stato il giorno più bello della mia vita, almeno fino ad ora”. In finale ha superato la serba e coetanea Ivana Jorovic (di cui abbiamo raccontato la sua storia qui) e non riusciva a capire nulla di cosa le stesse capitando: “Ero nervosa ed agitata anche al termine dell’incontro, ero felice ma anche esausta. Fu un’emozione enorme, avevo vinto un torneo dello Slam, non potevo crederci!”.
Daria è arrivata fin lì grazie ad una famiglia che non ha mai smesso di supportarla. Come tanti giovani atleti russi, in casa si è cresiuti a pane e sport. “Mio padre Sergey è un ex giocatore di hockey della Lada Togliatti, la squadra locale, mentre mia madre Tatiana ha partecipato per anni ai campionati di atletica leggera”. Ora tocca a lei, che dall’autunno del 2014 si allena all’accademia Empire Trnava, in Slovacchia, seguita da Vladimir Platenik. “Daria è una ragazza estremamente intelligente. A tennis è in grado di usare la testa in moltissime situazioni”. Effettivamente non ha quello stile di gioco tipico della scuola russa, non colpisce la palla per spingere, le piace lavorarla e darle traiettorie alle volte più cariche di effetto ed altre con più spinta per chiudere il punto, ma anche oggi con il dritto era insuperabile. Fa effetto, perché dall’altro lato della rete c’era un giocatrice, quella croata, che ha momenti di grande tennis ma ancora le manca la giusta continuità per esprimersi così per lungo tempo. Se il gioco si basava sul braccio di ferro da fondo, sulla differenza tra le due nella potenza dei colpi, Konjuh avrebbe potuto vincere anche giocando in maniera non impeccabile. Giocando invece palle sempre diverse, aprendosi frequentemente gli angoli e chiudendo il punto senza troppa insicurezza Kasatkina alla fine ha avuto la meglio. Entrata da lucky looser per il ritiro di Maria Sharapova venerdì sfiderà Kristina Mladenovic o Bojana Jovanovski per un posto negli ottavi di finale.
Presto, dunque, potrebbe esserci una quarta tennista del 1997 nelle prime cento (la terza, già certa, è Jelena Ostapenko). Guidate da Belinda Bencic e la stessa Konjuh, però, sono diverse le giocatrici da monitorare con cura: oltre a Kasatkina, Ostapenko e Jorovic, c’è anche la spagnola Paula Badosa Gibert, che a giugno ha vinto il Roland Garros junior, e la giapponese Naomi Osaka. Deve esserci qualcosa di speciale in quell’annata, bisogna scoprirlo.
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