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Hewitt, un sogno Davis per salutare sul tetto del mondo

TENNIS – DI RICCARDO NUZIALE – Questo potrebbe essere per Lleyton Hewitt l’ultimo weekend Davis da giocatore. Ma potrebbe essere anche la prosecuzione di un sogno: vincere la sua terza Davis e salutare così dal vertice del mondo del tennis, che da troppi anni lo vede assente.

 

Non sarebbe certo un trionfo simbolicamente memorabile come quello del 1973, quando Rod Laver e Ken Rosewall tornarono in Davis dopo oltre dieci anni (11 per Rocket, addirittura 17 per Muscles) per ribadire la supremazia australiana anche nell’Era Open, che fino a quell’anno era stata esclusiva americana: demoliti la Cecoslovacchia e, in finale, proprio gli Stati Uniti;

ed è vero, probabilmente tra le due squadre è la Gran Bretagna ad avere più storico bisogno di questa finale Davis, dato che anche in questo caso Andy Murray si vede chiamato a scacciare il fantasma di Fred Perry, la cui squadra del 1936 è l’ultima ad aver avvolto l’insalatiera nella Union Jack. La stessa finale sarebbe un evento, dato che l’ultimo scontro decisivo della Gran Bretagna risale al 1978. Una Gran Bretagna che, vincendo, concluderebbe la sua cavalcata contro le più titolate della storia, avendo battuto nei due precedenti turni Stati Uniti e Francia. 

Ma in questo tredicesimo scontro all-time tra le due nobili decadute (8-4 Australia, 3-1 nell’Era Open) c’è Lleyton Hewitt. Il cui red carpet si sta avvicinando sempre più a Melbourne 2016, tappa finale della sua carriera, ma che darà tutto affinché quel red carpet non sia sinonimo di passerella celebrativa. Di applausi, standing ovation, pacche sulla spalla, commozione. Di lacrime per un istituzione, per un morto in vita. Rusty giocherà per evitare tutto questo, il veleno più puro per il suo spirito agonistico. Fino all’ultimo, non scenderà in campo per essere compatito, o celebrato, ma per vincere.
 
Eppure questa edizione Davis non ha nessun sapore definitivo per lui: non sarebbe la prima vittoria (nella finale 1999 con la Francia, diciottenne, perse entrambi i singolari, mentre in quella del 2003 rimontò due set a uno a Juan Carlos Ferrero per il primo, preziosissimo punto) e, a prescindere dal risultato di questa semifinale, non sarà l’ultima volta che rappresenterà i colori nazionali, dato che è stata confermata la sua presenza alla prossima Hopman Cup, in coppia con Casey Dellacqua.
 
Ma è indubbio che, nonostante due dei suoi ultimi tre trofei ATP siano arrivati superando Roger Federer in finale, questa vittoria Davis sarebbe il suo titolo più prezioso da tanto, tanto tempo. Non sarebbe solo un premio alla sua straordinaria devozione alla bandiera, onorata con incredibile costanza nel corso degli anni, anche quando livello del turno, della propria squadra e di quella avversaria avrebbe fatto desistere un sacco di campioni (tra singolare e doppio, ha giocato 77 partite, vincendone 58; il connazionale Federer ne ha giocate 67, Nadal 29, un innamorato Davis come Nalbandian “solo” 50), ma sancirebbe l’imminente addio all’attività agonistica di Hewitt con il suo ritorno sul tetto del mondo, lui che per troppi anni, a causa di una serie incredibile di infortuni, ha vinto il suo secondo e ultimo Slam nel 2002, il suo secondo e ultimo Masters nel 2002, il suo secondo e ultimo Masters 1000 nel 2003, non è in top 10 dal 9 luglio 2006.
 
Lui che da “bad guy” d’inizio carriera è diventato il padre buono della nuova generazione di monelli australiani, oltre che un agonista amato pressoché da tutti, dimentichi delle controversie dei primi anni.
 
Questo terzo sigillo, in unione ai due precedenti, segnerebbe perfettamente le tre fasi dell’uomo, giovinezza, maturità e vecchiaia. Un’impresa che appare difficile, molto. Perché se la squadra australiana è complessivamente più forte, i Murray, oltretutto coccolati nella loro Scozia, lasciano pochi spiragli: non appare probabile che Andy si faccia scappare i suoi due punti di singolare, e la coppia Jamie-Inglot è più forte di quella composta da Hewitt e Sam Groth (e i due britannici sono in forma: agli US Open hanno raggiunto, con partner diversi, finale e semi).
 
Ma storia vecchia come il mondo, nei weekend Davis la somma di forze non da mai il risultato finale. Entrano in gioco fattori umani e “mistici” che possono dare responsi del tutto inattesi.
 
E il vecchio leone Rusty ha già cominciato a giocare in conferenza stampa, di furba dialettica d’esperienza: “Ovviamente Andy (Murray, ndr) ha un sacco di pressione. Chiunque giocherà contro di lui, non avrà davvero nulla da perdere”…
Redazione

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