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E poi arrivò Roberta: lo slice logora chi non l'ha

TENNIS – Di STEFANO MELOCCARO. Correva l’11 settembre 2015, e in quella serata alfine srotolammo il filo conduttore ideale, teso tra il tennis in bianco e nero e quello in super HD. Preziosa fu la manodopera a cura della sapiente Roberta Vinci, che finì per regalarci – ma soprattutto regalarsi – una delle più grandi imprese nella storia dello sport.

Nel nome del bel tennis, dell’intelligenza e soprattuto del mai abbastanza celebrato rovescio in backspin. Siano ringraziati i numi tutelari del tennis. Da un trentennio almeno, noi amanti del genere, subiamo allenatori di ogni ordine e grado (razza, età, sesso e religione). Che al primo accenno di racchetta sopra la spalla in fase di preparazione, ci ululano appresso : «tiralooooo, ‘sto rovescio!». Come a dire, basta con le incertezze, deciditi a giocare davvero la palla, se vuoi vincere… Equiparando il taglio sotto ad un’implicita ammissione di dissenteria dell’agone. Poi, ad un tratto, arriva lei: La Roby. A rinfrescarci che è l’esatto contrario: lo slice logora chi non ce l’ha.

Gli altri, quelli che lo frequentano con assiduità, godono di soluzioni ulteriori. Dunque, a far data da oggi, fate voi i bravi. Non rompeteci più le palle quando vedete che stiamo per caricare un super taglio. Lasciateci fare! In nome e per conto di Roberta Vinci, che ha riabilitato la mossa più elegante e ci ha narrato la sua ritrovata modernità. Lo slice, con gli anni è diventato paradossalmente più efficace di prima, perché scarseggiano quelli/e che ne conoscono le contromisure. E abbondano quelli che lo sottovalutano. Per info ulteriori rivolgersi a sua maestosità Serena Williams, che per colpa (anche) di quel colpo ci ha rimesso uno UsOpen e un Grande Slam già fatto.

Certo sarebbe assai superficiale ridurre il significato di un’impresa epocale come questa ad un solo colpo, ma di sicuro il consolidato superback della nostra ne è stato uno dei fattori principali. «Non chiedetemelo nemmeno, se avete altre domande fatele, sono a vostra disposizione», rantolava SW (Station Wagon bb Serena Williams) in conferenza stampa, riferendosi alla irripetibile occasione sprecata. Ma avrebbe risposto uguale, se le avessero domandato: ti ha infastidito quella palletta arruffata e sibilante che ti sei ritrovata tra le caviglie per due ore e passa? Certo che sì. Perché se la partita si mette sui binari classici della casa, l’avversaria resta schiantata sotto il peso di colpi e personalità. Come accade quasi sempre. Ma se la questione si fa intricata – e ogni tanto capita – Serenissima non dispone di un piano B, o quantomeno non lo applica. Quella sera, a New York, è andata in questo modo.

La nostra tiene botta, perde il primo ma “resta lì”, e per dirla come i tennisti, non molla. Si appoggia, sfrutta la potenza avversaria e la imbriglia. Con il suddetto, massivo, uso della svirgolata magica, Robertina corre per decine di chilometri, usa bene il drittone, incanta il mondo colle sue volée pennellate da liceo classico della racchetta. Ma soprattutto, rinvia paziente decine di straccetti (in apparenza) innocui, che alla lunga sgretolano le certezze della gigantona. Brad Gilbert su Twitter la chiama “Da Vinci Code”, nickname a pennello. Serena prende a boccheggiare, i muscoli diventano un peso insostenibile in aggiunta all’altro carico estremo, le aspettative sue e dell’universo attorno all’impresa che ormai pare(va) una formalità. Fino all’estasi suprema targata tavoliere delle Puglie. È fatta, e con buona pace di quelli della serie: “tiralo ‘sto rovescio!”.

Rapida appendice maschile. Quanto appena enunciato vale (mutatis mutandis) anche per la versione maschile di Roberta Vinci, Roger Federer. Ok, iperbole del momento, certo. Ma va considerata la trance italianofila. E poi, dopotutto pure lui è stato stoppato solo in finale. Da uno un po’ più forte, capace di controbattere al back di rovescio, perché a sua volta ne possiede uno. Che non gioca troppo spesso, ma usa alla bisogna. Analogie Djokovic – Pennetta. In linea del tutto teorica e riferendosi solo allo UsOpen 2015, ce ne sono. Ma era solo per ribadire che l’arma multiuso dello slice, in questo caso prende le sembianze del coltellino svizzero. Quelli che all’interno nascondono molteplici possibilità diverse di utilizzo. Cacciavite, lama, grimaldello, lima, punteruolo, raspa, coltello, lente d’ingrandimento, chiave inglese, tagliaunghie o pinzetta: ognuna di queste è metafora di una situazione in campo che RF sbroglia grazie al taglio sotto. E pure Robertina, come abbiamo visto.

Stefano Meloccaro

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