TENNIS – DI RICCARDO NUZIALE – Novak Djokovic che urla oscenità al pubblico. Jimmy Connors che “mette in piazza” un fatto privato e intimo senza interpellare Chris Evert. Michael Llodra che insulta una tifosa di Gulbis. Sergiy Stakhovsky che ha ferree convinzioni sull’identità sessuale di colleghi e colleghe. Nick Kyrgios non è solo: il mondo del tennis non è un mondo di santi. A partire da Stan Wawrinka.
Nick Kyrgios non è solo. Nonostante nel corso degli anni il mondo del tennis abbia spinto sempre più verso un’edulcorata immagine d’oasi di decoubertiana beatitudine, la famiglia della Mulino Bianco non esiste. Come in tutte le famiglie, non ci sono solo sorrisi e buoni sentimenti. Ci sono – ebbene sì – anche le persone. Che non sono mai astrazioni, pensieri per concetto predefinito, manichee figure di paglia, ma sfumature infinite che per forza di cose toccano anche l’uomo e i suoi sentimenti, le sue grandezze e bassezze. Le famiglie, le persone, non hanno mai una sola identità: così dovrebbero (ma purtroppo molto raramente lo sono) i giudizi.
Riportiamo qui alcuni casi – di sfumature e gravità diverse – del tennis recentissimo.
Llodra e l’amore per la Cina – Indian Wells 2012, primo turno tra il francese ed Ernests Gulbis. Llodra è più che indispettito dal tifo di un gruppo di fan del lettone, tra le quali c’è la 44enne Alex Lee Barlow con il marito. L’astio tra Llodra e il gruppo fu quasi immediato, tanto che verso inizio match, a un doppio fallo di Gulbis, il francese si sarebbe rivolto, a detta della Barlow, in modi non proprio cavallereschi: “Ah, ora frignate? Dovreste frignare. Siete tutte puttane.” La cosa non finì lì, tanto che nel terzo set, sempre più nervoso, Llodra disse qualcosa in francese alla Barlow. Secondo il giornalista canadese Tom Tebbutt disse “fottuta cinese”, mentre per il New York Times l’insulto fu “puttana cinese”. La Barlow, che cinese non è, ma americana di origini coreane, chiese delle scuse ufficiali, mentre su Weibo, il “Twitter cinese”, scoppiò un attacco a Llodra, con richieste di impedirgli di giocare in Cina. L’ATP gli inflisse una multa di 2500 dollari e la reazione di Llodra fu oltremodo pittoresca, affermando di non essere razzista, che quelle parole furono semplici figlie di un momento particolarmente teso, non dirette alla Cina, al Giappone o all’Asia in generale; anzi, “amo i cinesi, potrei assolutamente fare l’amore con una ragazza cinese.” Nonostante i tentativi del torneo e dell’ATP, Llodra si rifiutò di scusarsi.
Le certezze di Stakhovsky – Storia recente: in un’intervista al sito Xsport.ua, l’ucraino ha affermato di essere sicuro dell’inesistenza dell’omosessualità nel tennis maschile ad alti livelli, a differenza di quello femminile, la cui metà a suo dire è composta da lesbiche. “Nel circuito ATP c’è un ambiente normale. Se ci fosse qualcosa di inusuale lo sapremmo, perché è un ambiente molto chiuso. Si è parlato di Gasquet, Nadal, anche di Federer…non metterei la mano sul fuoco per nessuno, ma tra i top 100 non ci sono gay”. La Navratilova ha dei dubbi al riguardo? “Può pensare quello che vuole per lo spogliatoio femminile, ma non conosce il nostro circuito. Nel circuito WTA sono quasi tutte lesbiche…la metà! Per questo non permetterei a mia figlia di giocare a tennis.”
Made in Williams – Tutto bello: la maestra e l’allieva, la prosecuzione dell’orgoglio black, il tennis statunitense che ha un futuro, la n.1 che ha un’erede. Poi, nei quarti di finale degli Australian Open 2013, Sloane Stephens ha battuto Serena Williams e a quel punto nulla è stato più bello. Che la lesa maestà non le fosse andata giù Serena lo fece capire subito, con un tweet a dir poco intimidatorio: “I made you.” Ti ho creata io. Può una semplice partita cambiare il rapporto tra due persone? Secondo la Stephens, intervistata da ESPN nel maggio di quell’anno, eccome: “Da quando abbiamo giocato in Australia, non mi ha rivolto parola, non mi ha detto ciao, non è rimasta nella stessa stanza con me.” Un’amarezza che la portò a rivelare un episodio di giovinezza, quando la dodicenne Sloane, durante un torneo in Florida, rimase tutto il giorno in attesa che le sorelle Williams le facessero un autografo. “Sono passate tre volte e non si sono mai fermate per firmare i nostri poster.”
Quest’anno le due si sono affrontate in tre occasioni (tutte vittorie di Serena) e c’è stato quindi luogo per aggiornare la situazione. Se la Williams si è dimostrata più rilassata (“Come ho detto sin dall’inizio, tifo sempre per lei e mi piace sempre guardare lei e le altre giocatrici afroamericane”), alla Stephens il boccone sembra non essere ancora andato giù: “È una collega. Ecco tutto. È una collega.”
Buona fortuna, Genie – In occasione di due incontri di Fed Cup, Genie Bouchard si è rifiutata di stringere la mano alla sua avversaria nella rituale presentazione del weekend. Nel 2014, con il Canada impegnato contro la Slovacchia, la “vittima” fu Kristina Kucova, mentre quest’anno a condividere l’imbarazzante momento è stata la rumena Dulgheru. Entrambe le volte la canadese ha giustificato il suo gesto molto poco diplomatico affermando di non credere nell’augurio di buona fortuna prima del match.
Gulbis, che noia questa vita – Uno dei pochi a riuscire a far parlare sempre di sé, durante il Roland Garros 2013 il lettone si scagliò contro i giocatori delle grandi federazioni, come quella americana e quella francese, in quanto i più viziati di tutti, e contro i Fab Four, a suo dire specchi di un tennis moderno privo di personaggi: “Rispetto Federer, Nadal, Djokovic e Murray, ma sono noiosi: andavo su Youtube per ascoltare le loro interviste, ma ho smesso presto. È Federer che ha lanciato questa moda. Ha una grande immagine di gentleman svizzero, perfetta per lui. Lo rispetto, ma non mi piace che i giovani giocatori cerchino di imitarlo. Mi cadono le braccia quando li sento rispondere come Roger, frasi del tipo: ‘Ho vinto perché ho alzato il mio livello di gioco nei momenti chiave della partita’. Cosa vuol dire?”
In un’altra occasione, sempre nel 2013, ammise candidamente la sua antipatia per Djokovic: “Lo conosco da quando ho 12 anni. Ci siamo allenati insieme e abbiamo condiviso la stessa stanza a Monaco. Ricordo che era un tipo normale, a posto. Ma quando ha ottenuto il suo primo grande successo, il suo sguardo è semplicemente cambiato. Lo si poté notare perfettamente. Non è che litigammo o cose simili, sentii semplicemente che era cambiato e non mi piace questo nelle persone.”
Jimmy forevert – Nel 2013 anche Jimmy Connors è entrato nel club dei narratori di se stessi, pubblicando l’autobiografia ‘The Outsider’. La bomba esplose con la rivelazione del motivo della rottura tra Jimbo e Chris Evert: nel 1974 la fuoriclasse abortì, scegliendo la carriera. “Si convinse che non era il momento, che avrebbe avuto troppo da perdere per il suo futuro.” Ma più che il fatto in sé, a turbare Connors fu il fatto che la Evert lo escluse da una decisione così importante e intima, che riguardava entrambi. A distanza di 40 anni i ruoli si sono invertiti, con ora la Evert a sentirsi profondamente ferita dalla rivelazione di Connors: “Sono estremamente delusa dal fatto che abbia usato un lib
ro per mal rappresentare una vicenda accaduta 40 anni fa e resa pubblica a mia insaputa. Spero che tutti possano capire che non ho intenzione di commentare ulteriormente.”
Carlos violation – Semifinale di Rio de Janeiro 2015, Nadal-Fognini. E per una volta non è stato l’azzurro a buttare benzina sul fuoco. “Sei quello che mi mette più pressione, è fuori di dubbio. Chiederò di non essere più arbitrato da te perché non ce la faccio più. Non ho niente contro di te, ma non ce la faccio più.“ Le parole di Rafa furono rivolte a Carlos Bernardes, uno dei giudici di sedia più noti del circuito, reo nell’occasione di aver chiamato troppo spesso il time violation allo spagnolo. Il quale, mesi dopo, ha ammesso che quella minaccia non fu frutto di uno sfogo momentaneo: “Ho rispetto per Carlos, è un grandissimo arbitro ed è una persona simpatica ma ho chiesto all’ATP che non arbitri più i miei incontri per un po’. Non ho niente contro di lui a livello personale, però è meglio per entrambi prendersi una pausa e non vederci sullo stesso campo. Quando puntualmente hai problemi con lo stesso arbitro è meglio fare in questo modo.” Confessione che ha fatto discutere circa il potere oligarchico vigente, portando alla domanda se sia giusto concedere certi strappi alla regola a seconda del nome del richiedente.
Ogni Masha è bella a mamma soja – Cuori agonistici troppo grandi perché Azarenka e Sharapova possano andar d’accordo e infatti le due non hanno mai nascosto un rapporto piuttosto freddo. Ultimo capitolo della rivalità a Indian Wells, pochi mesi fa; alla vigilia del match, poi vinto dalla Sharapova 64 63, alla domanda in sala stampa del perché la russa sia così speciale, Vika ha risposto: “Non lo so. Dovreste chiederlo ai suoi genitori.”
Federer, mai conoscere i propri idoli – Lo scorso giugno alcune dichiarazioni di Boris Becker, estrapolate dal suo nuovo libro ‘Wimbledon: My Life and Career at the All England Club’, hanno acceso il rapporto con lo svizzero. Il quale, secondo Becker, non è in realtà così gentleman come sembra. Inoltre, tra il fuoriclasse elvetico e Novak Djokovic non scorre buon sangue. Pronta la risposta di Federer tramite un’intervista a Berner Zeitung: “Trovo quei commenti fuori luogo. Non può sapere se ho problemi con Novak. È vero che all’inizio certi suoi comportamenti in campo non mi piacevano, ma ora si comporta magnificamente ed è ineccepibile. Non passiamo molto tempo insieme, non abbiamo amici stretti in comune, ma quando ci incontriamo parliamo in tutta tranquillità.” Per quanto riguarda la sua immagine, “dovrebbe conoscermi a sufficienza per sapere che sono un tipo tranquillo. Sono amichevole con le persone, non ho bisogno di cambiare il mio atteggiamento. Certo, a volte devo contare fino a dieci perché sono stanco o di cattivo umore, ma fa parte del lavoro.” Polemica comunque immediatamente rientrata, con Federer pronto a ricordare come Becker fosse un suo idolo d’infanzia e con il tedesco che ha puntato il dito contro le mal interpretazioni da parte dei media, sottolineando che nutre per Federer il massimo rispetto, tanto da considerarlo un amico.
Fognini: Paese che vai, sfogo che trovi – Tra i numerosi episodi che hanno visto protagonista negli ultimi anni l’italiano, spiccano forse Amburgo e Shanghai 2014. Nel torneo tedesco Fognini era defending champion, ma uscì malamente all’esordio contro il qualificato serbo Filip Krajinovic. 64 60 il risultato finale, macchiato ulteriormente da un eloquente “zingaro di merda” pronunciato dal ligure al termine di un punto, girato di spalle. Fognini poi si scusò sul proprio account Facebook. Qualche mese dopo, nel 1000 cinese, perse 76 64 contro la wild-card locale Wang Chuhan, n.553 del mondo, lasciando il campo con il dito medio sinistro rivolto verso il pubblico. Un gesto che gli costò una multa di 2000 dollari (ne dovette pagare 27500 per l’episodio del primo turno di Wimbledon, quando perse la testa contro giudice di sedia e supervisor, ma non la partita, vinta in rimonta contro Alex Kuznetsov).
We love you, Nole – A Novak Djokovic non piace avere il pubblico contro, è anzi una condizione che soffre particolarmente. In almeno due occasioni, però, il n.1 del mondo è andato oltre. Nel 2013 a Madrid, contro Dimitrov, irritato delle simpatie degli spettatori spagnoli, palesemente tutte per il bulgaro, al termine di un serratissimo secondo set urlò in serbo un invito esplicito di sesso orale. Episodio molto simile – secondo l’account Twitter Tennis Photos – è capitato quest’anno nella finale di Miami contro Murray, partita dove ha anche urlato contro un raccattapalle (più probabilmente contro il suo angolo, ma il gesto spaventò il ragazzino, tanto che Djokovic si scusò ufficialmente).
Non andò proprio così, Stan – In aprile Wawrinka ha annunciato sulla propria pagina Facebok il divorzio dalla moglie Ilham, con la quale si era sposato nel 2009 e dalla quale si era momentaneamente separato nel 2010: “Abbiamo vissuto 10 anni appaganti, con tutti gli alti e bassi comuni a tutte le coppie, ma a volte la vita è più difficile di quanto si possa pensare. Ilham e io siamo stati felicissimi di aver creato una famiglia con la nascita della nostra splendida figlia Alexia nel 2010. Abbiamo sempre cercato di vivere la nostra vita come una squadra e come una famiglia, nonostante le sfide che abbiamo dovuto affrontare a causa della mia carriera. Con mio grande rammarico questo non è più possibile. Ilham sarà sempre la madre di mia figlia e una persona verso cui provo grande amore e rispetto. Ora la mia priorità è quella di fare di tutto per proteggere Alexia durante questi tempi difficili. Spero che i tifosi e i media capiscano e per questo non voglio dare ulteriori informazioni sulla questione.”
Una dichiarazione che non è andata per niente giù alla donna, che infatti, indispettita anche dalla tempistica dell’annuncio (era un periodo di scarsi risultati per lo svizzero), un paio di giorni dopo ha voluto render nota la propria versione dei fatti: “No, Stan non ha perso partite a causa della nostra separazione, dato che questa è avvenuta cinque mesi dopo il trionfo in Coppa Davis. La sua decisione di lasciare la sua famiglia per la seconda volta non gli ha impedito di vincere il torneo di Chennai e di avere più o meno buoni risultati in generale. No, viaggi e tornei non sono la causa della nostra separazione. Oltretutto altri giocatori, meglio classificati di lui, gestiscono la vita familiare molto bene. La sua instabilità, il suo desiderio di libertà a tutti i livelli sono la causa. E devo ammettere che le sue continue menzogne e tradimenti hanno totalmente distrutto la fiducia che avevo in lui.”
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