di STEFANO SEMERARO – Intervista pubblicata da “LA STAMPA”
Stan Wawrinka, l’altra faccia della Svizzera, è un trentenne schivo che non ama le interviste ma sa sedurti a prima vista: con la bellezza del suo tennis. È cresciuto all’ombra di un genio come Federer, con i vantaggi e gli svantaggi della situazione. Da quando ha vinto uno Slam, in Australia l’anno scorso, tutti si sono accorti dello splendore dei suoi gesti. Che non è sacrilegio accostare a quelli del suo amico Roger.
Il rovescio ad una mano è il colpo più bello del tennis, e il suo è il rovescio più bello del circuito. D’accordo?
«Diciamo che amo il mio rovescio. Mi piace anticipare, variare gli angoli. Giocarlo mi dà piacere. Ma ci sono altri bei rovesci a una mano oltre al mio».
Elenchiamoli.
«Sicuramente quello di Federer, per il timing sulla palla. Poi Gasquet e Almagro. Nella top-five metterei anche Dimitrov».
Oggi quasi tutti lo giocano a due mani. Perché?
«Quello a una mano è più comodo se devi colpire in back, tagliando sotto la palla, e perché usando il polso puoi trovare angoli particolari. Meno nella risposta – chi impugna bimane può adattarsi più velocemente – e quando la palla rimbalza sopra la spalla. Specie contro uno come Nadal».
Lei perché lo ha scelto?
«Ho iniziato a due mani: è stato il mio maestro, a 11 anni, a convincermi a cambiarlo. Mi è venuto subito naturale».
Ci fa la sua classifica anche degli altri colpi? Partiamo dal diritto.
«Federer, senza dubbio, poi Nadal. Terzo Monfils: molto efficace».
Servizio?
«Isner, per la potenza e gli angoli. Poi mi spiace ripetermi, ma dico ancora Roger. Terzo Raonic».
Volée?
«Impossibile anche qui non citare Federer. Poi direi Stepanek e Tsonga».
Senta, sarà colpa dei completini-pigiama che indossa, ma il suo fisico non sembra da superman. Se le dicono che è il campione della porta accanto si offende?
«È vero: non sono altissimo, non ho muscoli enormi. Ma dietro il mio tennis c’è tanto lavoro duro, sin da quando ero giovanissimo. Quando si parla di talento si sottovaluta questo aspetto».
Non a caso Roger la chiama Stanimal. Lei ha 30 anni, Federer quasi 34: dopo la vostra generazione il tennis sarà meno bello da vedere?
«Non mi preoccuperei del futuro. Il tennis si è alzato di livello, per un 18enne oggi è più difficile vincere uno Slam come in passato hanno fatto Becker o Nadal. Ma i giovani di valore ci sono, diamo loro un po’ di tempo».
Vincendo gli Australian Open contro Nadal crede di aver convinto altri tennisti che i mostri sacri non sono imbattibili?
«Sì. Qualcuno si è detto: se c’è riuscito lui… Ma vincere uno Slam resta estremamente difficile. Roger, Nole, Rafa possono continuare a giocare per altri dieci anni. Magari Roger non sarà dominante come in passato, ma non ha perso la magia».
Il tennis di Fognini le piace?
«Lo conosco da quando eravamo under 16. Non è cambiato: talento, alti e bassi, tanta simpatia. Ha saputo recuperare dopo infortuni fastidiosi, meriterebbe di entrare fra i top-10».
Sul braccio si è tatuato una frase di Samuel Beckett: «Ho provato, ho sempre fallito. Non importa. Proverò di nuovo. Fallirò meglio». Lei è un fan di Beckett?
«È una frase che si adatta bene alla mia personalità. È stato proprio perdendo due volte al quinto set con Djokovic nel 2013 che ho capito di essere a livello dei migliori».
Ma Beckett l’ha studiato a scuola?
«Vabbè lo ammetto: la frase l’ho trovata su internet».
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