TENNIS – Di Diego Barbiani
PARIGI. Stan Wawrinka torna in finale in una prova dello Slam ad un anno e mezzo di distanza dalla precedente, ed unica, di Melbourne Park.
Come all’Australian Open, dove poi riuscì a superare Rafael Nadal in finale per firmare uno dei successi più belli della sua carriera, anche al Roland Garros lo svizzero sarà uno dei due protagonisti dell’atto conclusivo dopo la vittoria per 6-3 6-7(1) 7-6(3) 6-4 su Jo Wilfried Tsonga. Si spengono i sogni dei transalpini di avere un loro rappresentante in finale, di provare di nuovo l’emozione che Yannick Noah fu in grado di regalargli quando nel 1983 mise la mano sulla coppa più importante.
Neppure oggi gli oltre diecimila del Philippe Chatrier hanno avuto l’occasione di far sentire la loro voce e di sospingere il proprio connazionale verso una nuova impresa dopo quella agli ottavi contro Tomas Berdych o nei quarti contro Kei Nishikori, che nonostante un parziale in carriera di 11-2 al quinto set è stato abbattuto proprio nel parziale decisivo da alcuni servizi-bomba di Tsonga, caricato a mille dall’entusiasmo del pubblico. E non deve essere stato tanto carino neppure vedere che chi sbarrava la strada verso la finale era proprio uno dei due giocatori che lo scorso novembre, a Lilla, portarono la piccola Svizzera sul gradino più alto del mondo. Non si amano, Wawrinka e Tsonga così come Wawrinka e gran parte della Francia. In molti, proprio nella circostanza della finale della Coppa Davis, non hanno gradito alcuni commenti di Wawrinka a proposito della presunzione dei padroni di casa. In occasione degli ottavi di finale tra lui e Gilles Simon fece effetto sentire la bordata di fischi che accolse l’ex n.3 del mondo e durante tutto il riscaldamento degli ululati quando toccava la palla e degli ‘allez’ quando invece era l’avversario a giocarla.
Wawrinka ha vinto sotto tanti aspetti, primo tra tutti la freddezza di aver salvato sedici delle diciassette palle brea concesse. Durante tutta la partita ha dato l’impressione di poter essere superiore nella qualità del gioco e nell’impostazione del punto, ma nel secondo set è come scivolato su una buccia di banana, permettendo ad un avversario molto confuso, poco reattivo e ‘depresso’ (sportivamente parlando) di darsi coraggio.
Per un’ora di gioco non c’era stato match, perché lo svizzero dominava gli scambi senza dare tutto. C’era tanta differenza tra il Wawrinka che ha vinto la semifinale e quello che tre giorni fa diede un dispiacere al connazionale Roger Federer. Quel giorno tirava fuori i classici conigli dal cilindro in tante occasioni, oggi senza strafare aveva comunque raggiunto un vantaggio di 6-3 4-2. Poi il problema nell’ottavo turno di battuta, cinque palle break annullate alla grande dal francese sul 5-5 ed un tie-break dove ha staccato la spina fino ad essere travolto 7-1.
Il terzo ha rappresentato l’unica vera speranza per i francesi, perché uno svizzero stordito per dei problemi che da solo si era creato poteva anche non uscirne vivo (sempre sportivamente parlando) e buttare all’aria tutto quanto costruito. Nei primi game ha salvato quattro palle break, giocando sempre e sistematicamente sul rovescio di Tsonga, poi ha trovato alcune ottime soluzioni nei momenti delicati nella seconda parte del parziale, mentre l’avversario veleggiava tranquillo cedendo appena tre punti fino al tie-break. Gran parte del match si è racchiuso lì, ed un Wawrinka altalenante ha trovato lo sprint decisivo dal 3-3 con quattro punti in successione per un vantaggio di due set a uno, psicologicamente determinante.
Ad inizio del quarto, infatti, uno Tsonga mai completamente in palla ha sbandato ulteriormente cedendo un brutto turno di battuto e sprecando tantissime occasioni nel quarto game. Bravo lo svizzero, a cercare sistematicamente il colpo più debole dell’avversario, ma andando a guardare tutte le occasioni mancate diventa quasi difficile dare solo meriti a Wawrinka. La differenza tra un rovescio di primissima categoria come il suo e quello dell’avversario, oggi mai una volta efficace, è stata a tratti imbarazzante ed al primo match point, nel decimo game, il n.8 del seeding ha sancito il suo trionfo con l’esultanza che abbiamo imparato a conoscere da quella sua cavalcata ‘down-under’, con l’indice puntato verso la testa come a dire di averla vinta prima con la testa e poi con il suo gioco.
Per cercare un secondo miracolo, contro Novak Djokovic o Andy Murray, ci sarà bisogno del vero Wawrinka, oggi piuttosto nascosto anche per via della potente ondata di caldo che d’improvviso si è abbattuta su Parigi. Per dieci giorni non si superavano i venti gradi, oggi si è toccato i trentatré e tre ore e mezza di partita dura, spigolosa, hanno reso tutto più difficile.
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