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Roland Garros: Novak Djokovic e la sindrome di Ivan Lendl

TENNIS – Di Enzo Cherici

Quando Wawrinka ha esploso l’ennesimo lungolinea di rovescio, quello decisivo, il centrale di Parigi è esploso in un boato di ammirazione. Che, vedendo le cose da un’altra ottica, era anche un boato d’incredulità. Djokovic aveva dunque perso. Ancora una volta. Com’era possibile? 

Era atteso, attesissimo, Nole qui a Parigi, per il trionfo definitivo. Quello che avrebbe messo la ciliegina sulla torta di una carriera già straordinaria.

Non aveva fatto i conti con la determinazione di Wawrinka. Ma forse, soprattutto, con quella maledetta tensione che sembra sopraffarlo, attanagliarlo sul più bello, ogni volta che mette i piedi qui al Roland Garros.

S’era presentato, come ovvio, da grande favorito. Da mesi e mesi vinceva tutto quello che c’era da vincere. Slam, Master di fine anno, Masters1000 uno dopo l’altro. Avrebbe barattato tutto questo, c’è da giurarlo, con una vittoria a Parigi. L’unica che ancora gli mancava. E che continuerà a mancargli.

Per colpa di chi? Sembrava tutto stesse andando per il verso giusto. Aveva dominato Nadal in quella che tutti avevano un po’ frettolosamente battezzato come la finale anticipata. Aveva superato pur con qualche difficoltà un Murray scopertosi di colpo terraiolo. E anche la finale era iniziata come meglio non avrebbe potuto sperare. Subito ha messo in chiaro quella che era, o che sembrava essere, la legge del più forte.

Invece no. A due set dalla storia…la storia è improvvisamente cambiata. Nel modo più inaspettato. L’avversario, certo. Nole non giocava solo, aveva davanti un grande Wawrinka. Forse al suo livello più alto di sempre. Eppure si è come avuta la sensazione che, con il passare dei game e l’avvicinarsi del possibile trionfo, i suoi colpi, il suo tennis, si faceva più stentato. Come se una forza invisibile lo frenasse.

Già, la testa. Lo abbiamo chiamato tante volte RoboNole, ma anche un campionissimo come lui, lo abbiamo visto, può sentire l’emozione. Quell’emozione che, giocoforza, si trasforma in tensione. Quell’emozione che oggi l’ha sopraffatto e fatto perdere, ma che l’ha anche reso più umano. Lo si è visto, chiaramente, al momento della premiazione, quando non è riuscito a trattenere, nascondere, tutta quella tensione/emozione accumulata. Il pubblico se ne è accorto, e gli ha reso giustamente omaggio.

Riuscirà mai a superare questa specie di complesso-Roland Garros? La storia del tennis è piena di grandissimi campioni che sono sempre stati respinti da un particolare torneo. Lendl a Wimbledon, Borg all’Us Open, McEnroe e Sampras a Parigi. Nole seguirà la sorte, il destino beffardo, di queste autentiche leggende? Il sospetto è legittimo, ma noi ne dubitiamo. Anzi, ci spingiamo a dire che non abbiamo dubbi: Nole vincerà Parigi!

Perché è il più forte. Perché lo merita. Perché ha tutto per farlo. Perché non c’è ragione perché non debba vincere questo torneo. Alla fine lo ha detto: tornerò e ci riproverò. Lo farà, vedrete. Perché, nonostante questa battuta d’arresto, è il numero uno. Un vero Numero Uno, con le maiuscole.

Ora dovrà analizzare un po’ quello che è successo, resettare un po’ di cose. Probabilmente non deve cambiare nulla a livello programmazione, che quest’anno è stata perfetta. Solo continuare a mantenere questo livello e sconfiggere l’unico avversario che può fermarlo a Parigi: lui stesso.

 

Redazione

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