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Roland Garros: Giorgi, ma che tennis è questo?

TENNIS – Dal nostro inviato a Parigi Diego Barbiani

Vedere Camila Giorgi dal vivo, lo diciamo a lo abbiamo detto tante volte in passato, è comunque un’esperienza. Bene o male, quel suo gioco non riuscirà mai a passare inosservato.

Anzi, andando a scrutare tra quei mistici numeri che compongono le statistiche i suoi vincenti sono tre, quattro volte quelli dell’avversaria di turno. Poi però cominciano i problemi. Come oggi, contro Tatjana Maria, ex signora Malek, che per quanto cercava di variare colpi e velocità, non riusciva a crearle troppi problemi. Anzi, oggi come molte altre volte la principale avversaria di Giorgi è stata lei stessa, condizionata dal suo stesso gioco. Ventotto vincenti in un solo set sarebbero numeri straordinari se non fosse che ha dovuto sudarselo fino all’ultimo punto del dodicesimo game. Dovrebbe spaccare il mondo, vorrebbe spazzare via qualsiasi cosa si trova dall’altra parte della rete. Arriva la palla, vede rosso e spara. Alla fine per quanto si possano notare alcuni miglioramenti a livello fisico, alcuni accorgimenti tattici, quello che resta è sempre il suo modo di giocare che non ha rimedi.

A fine 2015 compirà ventiquattro anni ed in tutto questo tempo l’unico verbo, ridondante, nelle sue conferenze stampa è che lei conosce solo quel tipo di gioco perché non vuole snaturare il suo gioco diventando una giocatrice più d’attesa. Bianco o nero, insomma, il grigio non esiste. Questo gioco così arrembante, però, porta al dato più negativo di tutti: ad inizio secondo set, sul 2-1 per la marchigiana, le statistiche recitavano trentasei errori gratuiti per lei e quarantasette punti totali vinti dalla tedesca. Maria, confermatasi un ostacolo tutt’altro che probante, aveva vinto appena undici punti ‘di mano sua’ eppure era ancora pienamente in partita.

Poi tutto si è risolto in meglio, con il successo finale per 7-5 6-3 e secondo turno raggiunto contro Garbine Muguruza che ha superato 7-5 6-2 Petra Martic. Alla fine di tutto, però, la domanda che ci si pone è: che tennis è questo? Dove può realmente portare questo modo forsennato di colpire sempre più forte, sempre più in anticipo? Perché va bene quando dall’altro lato della rete c’è un’avversaria che non riesce a complicarle la vita, o va bene quando è in giornata positiva ed entrano quasi tutti i colpi. Occorre però fare un’altra domanda: quando il livello del torneo si alza, è giusto affidare il proprio destino in mano ad un gioco così rischioso e (brutalmente) a come ti sei alzata quel giorno?

 

Diego Barbiani

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