TENNIS – Di Luigi Ansaloni
Il Quinto Slam, signori. Il quinto slam. Ah, certo, come cibo e bellezza, chi lo mette in dubbio. Se fosse solo per quello, Roma sarebbe probabilmente il Primo Slam, non il quinto.
Epperò quando si parla di cose che non c’entrano con cuore e pancia (con la seconda in parte c’entrano, con la gastrite nervosa però) allora ecco che le cose cambiano. Qualche anno fa, all’inaugurazione del nuovo Centrale, di magagne ce ne furono tante, e nemmeno passate sottotraccia: la sala stampa chilometrica, che per arrivare dall’ingresso alla sala conferenze dovevi essere un decatleta, la trasportation che non funzionava a dovere, qualche intoppo con le prenotazione dell’Hotel (Hilton “negato” alla Sharapova, che ovviamente lo ottenne lo stesso alzando il telefono), file interminabili ai bagni ed altre cosuccie che comunque non fanno passare in secondo piano, né ai tifosi né agli spettatori, quanto sia bella Roma. Certo, magari ad un giornalista piacerebbe avere una sala stampa un po’ più vicina ai campi (e non all’ostello della gioventù) e con internet perfettamente funzionante, ma vabbè.
Se tutte queste cose elencate sopra sono, come detto, di secondaria importanza, non lo è per quello che si ama o che sogna o che ambisce a diventare Quinto Slam la questione campi. Lì casca l’asino. Se il Centrale è pieno di buche, questo ai giocatori non piace. Se il campo non è curato bene e Berdych ti chiede “ma cosa avete fatto a sta terra?”, la questione un po’ si complica.
Si complica fino al punto che i giocatori sembrano essersi, come dire, infastiditi oltre il livello di guardia. Djokovic, il numero uno del mondo, prima ci scherza su, dicendo che «a Roma tutto ha un senso, è tutto collegato… L’entrata dello spogliatoio è da una parte, l’uscita per il trasporto dall’altra… Qual è il torneo più organizzato? Ovviamente Roma…. Vabbè la realtà è un po’ diversa, ma è bellissima», e poi, senza più nessuna voglia di scherzare, ammonisce che «bisogna capire che a questo livello conta ogni aspetto, specialmente il campo. E il campo – ha sottolineato ribadendo le lamentele esposte all’arbitro durante la semifinale contro lo spagnolo David Ferrer – l’anno scorso era diverso. Da quello che ho capito, hanno iniziato ad allestirlo in ritardo, tre settimane fa. Non è al livello di un torneo Masters 1000. Spero che l’anno prossimo vada meglio. Si creano delle buche quando si serve, è facile finirci dentro col piede e procurarsi una distorsione a una caviglia. Non c’è molto da fare ora, se non riempire le buche. Ma devono assicurarci che l’anno prossimo inizieranno per tempo a fare i campi». Anche Federer, come Djokovic e come anche la Sharapova, tra l’altro, si
È lamentato e non poco: «Non è l’ideale: inizi a giocare preoccupato e ti muovi preoccupato e non giochi nel tuo modo – spiega -. Ma non penso sarà un problema per la finale ,faranno il possibile per sistemarlo in qualche modo, altrimenti ci passeremo sopra». E sempre Roger ha dato un altro piccolo segnale della sua insofferenza, che potrebbe sembrare una frase buttata lì ma chi conosce Federer sa che non è così: “Vincere qui sarebbe speciale? Ora va bene, questa è Roma, ed è un titolo che non ho mai vinto. Si potrebbe pensare che sia più speciale per questo ma non lo è per me”. Una sentenza, di quelle che devono (dovrebbero) fari riflettere un bel po’.
Ma la più grande delle novità è che anche il presidente della Fit Binaghi si è accorto che qualcosa non andava. Di più: lo ha persino ammesso. Pubblicamente. In una conferenza stampa. Dopo aver elencato i trionfali numeri del Foro Italico, con incassi e presenze da record, Binaghi ha fatto non un mea culpa, ma quantomeno ha posto dei pesanti interrogativi sul presente e soprattutto sul futuro degli Internazionali. Ovviamente nessuno mette in dubbio il torneo, ma la location sì . Il presidente della Federtennis: “Quest’area(il Foro Italico) è bellissima ma fortemente vincolata, e ciò ci crea delle difficoltà e lo stadio Centrale è bellissimo ma è nato piccolo e sarebbe dovuto essere come approvato dalla giunta Veltroni, ma purtroppo è cambiata giunta e la capienza è stata ridotta di 3-4 mila posti” Da qui l’ipotesi di spostare il torneo: “Nella configurazione presentata per la candidatura alle olimpiadi del 2020 questo impianto era destinato al nuoto, al tennis era destinata invece un’altra area nei dintorni di Fiumicino. Se il Coni deve fare questo grande investimento a Fiumicino per fare 15 campi e tutti i servizi per le Olimpiadi del 2024, dato che la nostra federazione sta crescendo e ha le risorse si dovrebbe fare un impianto unico magari con 30 campi, trasferendo lì anche il centro federale, creando un posto con le migliori tecnologie possibili per rendere sempre questa manifestazione sportiva più affascinante”.
Una dichiarazione di resa? Dalla serie: qui, al Foro, di meglio non possiamo fare? O semplicemente un guardare al futuro, ad un qualcosa simil Indian Wells, con una rivoluzione totale? In entrambi i casi, non è molto confortante. Perché nel primo sarebbe il solito arrendersi all’italiana, che tanto qualcuno ci tira fuori dai guai, nel secondo non solo si perderebbe un immenso, immenso pezzo di storia, ma visti i tempi e i modi e gli affari italici, ci sarebbe solo da farsi il segno della croce, e comunque si parlerebbe di almeno (e vogliamo essere ottimisti che più ottimisti non si può) 8-9 anni. Sarà quel che sarà, ma dalla rubrica Foro Bucato, non può che arrivare questo appello: nessuno tocchi il Foro. Italico.
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