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Di Federer, Seles, il tennis e sicurezza in campo

 

TENNIS – ROLAND GARROS – QUIET PLEASE! – Di ROSSANA CAPOBIANCO – Il fan che entra in campo e chiede a Roger Federer un selfie non è niente di grave, grave è invece la potenziale minaccia permessa da una sicurezza traballante: allo svizzero era successo anche nella finale del 2009, la mente torna a Monica Seles e a quanto il tennis non abbia imparato. Nessuna eccessiva rigidità, serve una serena consapevolezza.

La faccia di Federer si divideva tra imbarazzo e incredulità: non voleva cacciare quel ragazzino che, come tanti, gli ha chiesto una foto. Roger sempre disponibile a farle, paziente e ciarliero quando non ci sono pericoli di ordine pubblico; di certo non se l’aspettava lì, sul Philippe Chatrier, con uno spettatore libero di entrare in campo e toccarlo.

L’intenzione del tifoso dello svizzero era assolutamente bonaria, tanta era la voglia di immortalare se stesso con il proprio idolo: ad entrare avrebbe però potuto essere chiunque, armato di qualsiasi cosa, avrebbe potuto fare del male a qualunque giocatore in qualunque momento. E Federer si è fatto sentire, con voce chiara e perentoria, parlando da rappresentante di un mondo che conosce bene.

Accade in uno dei campi più importanti e prestigiosi al mondo, in un torneo colmo di storia e tradizione: accade in un luogo che dovrebbe dunque essere protetto e quanto mai monitorato. Accadde anche sei anni fa, sempre a Roger Federer, nel giorno del suo (fin qui unico) trionfo al Roland Garros. In mezzo al secondo set della finale contro Robin Soderling, allora carnefice agli ottavi di Rafa Nadal, Jimmy Jump, catalano già famoso per le sue incursioni durante diversi eventi sportivi, tentò la “vestizione” dello svizzero con colori blaugrana. Federer allora si spaventò, anche se le intenzioni non erano affatto cattive: a spaventarsi maggiormente fu Mirka, la moglie di Roger, allora incinta all’ottavo mese di quelli che avremmo poi scoperto essere due gemelle.

L’ironia inopportuna di Chris Froome su internet è stata subito presa d’assalto dai tifosi di Federer. Il ciclista aveva commentato così l’ammonimento di Roger:

 

Un’uscita infelice da parte del corridore, che consiglia a Federer di “fare il duro”, che a lui capita di peggio. Evidentemente la medaglia olimpica a Londra 2012 non conosce la storia di Monica Seles, spesso troppo dimenticata, brutta da ricordare, scomoda per chiunque. Quel 30 Aprile 1993 ad Amburgo, quando Günther Parche, fan morboso della sua rivale Steffi Graf, aggredì con un coltello la Seles che “minacciava” il numero uno in classifica alla tedesca viene spesso nascosto sotto un tappeto di vergogna.

La ferita, non troppo seria per fortuna, interessò la schiena all’altezza della spalla sinistra; le provocò un grave shock psicologico,lei solamente ventenne ma con già otto Slam in bacheca, inducendola ad abbandonare il tennis per oltre due anni.

Precedenti che dovrebbero far riflettere e indurre a controlli molto più seri direttori di tornei così importanti e aperti al pubblico; precedenti che dovrebbero tappare bocche di atleti wannabe bulli per orgoglio maschilista.

 Altrettanto inutile ed eccessivo sarebbe un irrigidimento del sistema di sicurezza atto a stroncare con violenza tutto questo: nessuno lo vuole, questo è uno sport che deve avvicinare appassionati, addetti ai lavori e protagonisti. Come tutte le cose che arrecano piacere, però, va vissuto con la serenità di un’educazione e di una consapevole sicurezza che non può affatto venire a meno, se non si vogliono cogliere i rischi in un senso o nell’altro.

Rossana Capobianco

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Rossana Capobianco

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