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Djokovic e un 2015 travestito da 2011 solo per mancanza di (veri) avversari

TENNIS – Se c’è uno sport dominato da qualcuno, nel panorama mondiale, quello è il tennis. Djokovic tra i maschietti e Serena Williams tra le donne fanno sostanzialmente un sol boccone di chiunque gli capiti a tiro. Ora, per Serenona non è esattamente una novità (anzi), per Nole lo è. O meglio: lo è, si, ma fino ad un certo punto.

Djokovic un inizio di stagione così lo aveva già fatto, nel 2011, anzi aveva fatto ben oltre, tanto ch arrivò al Roland Garros imbattuto, con una striscia di 42 vittorie consecutive, una cosa mostruosa. A batterlo su Federer, in una semifinale a dir poco memorabile. Ora, non è che dopo il 2011 Djokovic sia stato con le mani in mano, ci mancherebbe altro. Ha ancora vinto, è stato ancora numero uno del mondo, ma non ha mai più dato, come invece ha fatto quell’anno, la sensazione di essere “RoboNole”, cioè semplicemente imbattibile. Ci voleva il 2015 per il serbo, neosposo e neopapà, per tornare ad avere quell’aura di “unstoppable”, un treno lanciato in corsa senza freni a tutta velocità. Merito suo? Senza dubbio. E’ tornato quello del 2011? No. E aggiunge chi vi scrive: nemmeno lontanamente.

Parlando con Giorgio Di Palermo, membro dell’Atp Board, in una saletta di attesa dell’aeroporto di Melbourne mentre tutti insieme si aspettava di prendere il volo che avrebbe riportato la combriccola italiana post-Australian Open, si discuteva di chi avesse mai raggiunto il picco più alto, il livello più elevato tra i giocatori. Secondo la sua teoria, nessuno (nemmeno Federer, nemmeno Nadal) ha mai toccato le vette raggiunte da Djokovic in quei mesi del 2011. “Ha portato il tennis in luoghi mai visti in ogni suo campo”, disse tra un aneddoto e l’altro. Non era l’unico, non è l’unico a pensarlo. E’ anche vero che quello che Federer riuscì a batterlo quello straordinario giocatore, in quell’incredibile semifinale di Parigi, ma ciò non toglie che la “teoria Di Palermo” sia esatta, possa essere esatta. Adesso, nel 2015, 4 anni dopo, si vede lo stesso dominio di Djokovic ma non lo stesso giocatore, o per meglio dire quei picchi stratosferici non sono nemmeno sfiorati. Colpa sua? No. Non ci riesce e non ci riuscirebbe più? Forse, probabile, da dimostrare comunque. Il punto è che il numero uno del mondo non ha bisogno di spingersi così in là. Perché? Ovvio: gli avversari gli fanno più o meno il solletico, e se va in difficoltà non è quasi mai merito altrui ma più che altro colpa sua, tanto che basta un niente per rimettersi in carreggiata e vincere.

Rispetto a 4 anni fa, infatti, ad essere sceso è principalmente il livello della concorrenza in giro per il circuito. Federer ha 4 anni di più, e a 34 anni non solo è l’unico avversario credibile tutt’oggi per Djokovic, ma è anche l’unico che lo ha battuto quest’anno dei “grandi” (a Dubai, Nole perse pure con Karlovic a Doha). Allo svizzero non mancherebbe certo il tennis per contrastarlo, ma l’età è quella che è, e se la partita si fa combattuta o sul filo, ti saluto e grazie. Nadal è, almeno fino adesso, l’ombra di se stesso, ma sullo spagnolo il giudizio è in sospeso fino alla stagione sul rosso. Murray, che pure ci prova, fa le stesse cose di Djokovic ma le fa meno bene e in più ad un certo punto crolla su se stesso, vuoi per limiti fisici o mentali, ma non è alla sua altezza. Wawrinka, che col suo gioco mette quasi sempre in seria difficoltà Nole, per batterlo deve comunque fare tutto troppo bene e giocare ad un livello superiore alle sue stesse capacità, come accaduto a Melbourne 2014. Il resto, francamente, non esiste. Nishikori lo ha battuto, ma era un Djokovic stanco e il giapponese in assoluto stato di grazia. Dimitrov troppo discontinuo e comunque non (ancora?) a quel livello fisico e mentale. Raonic è disinnescato in meno che non si dica, visto che la migliore arma del canadese (il servizio) è disinnescata da un qualcosa di ancor più micidiale, ovvero la risposta di Novak. I vari Kyrgios, Kokkinakis, Coric, Tomic allo stato attuale potrebbero forse, nella migliore delle ipotesi, strappargli un set, non certo batterlo. Abbiamo sempre detto che il tennis ha saltato qualche annata buona qua e là? Si, bene. Questo è il risultato. Giovani incapaci di crescere e di imporsi, che aspettano la pensione di quelli davanti, piuttosto che migliorare loro stessi.

Djokovic dunque è una locomotiva lanciata senza freni verso record su record su record. Pur andando magari un po’ meno piano di quell’incredibile 2011. 

Luigi Ansaloni

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