TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Tomas Berdych è attualmente il numero 2 della Race. Il ceco ha iniziato la stagione con grande continuità ad alti livelli, ma, al solito, gli è mancato il vero acuto. A quasi trent’anni riuscirà finalmente a conquistare un trofeo importante?
Tomas Berdych numero 2 al mondo? Ebbene sì, almeno nella Race 2015: alle spalle di un Novak Djokovic mattatore assoluto figura attualmente il ceco, pur staccatissimo. Nole conta già la bellezza di 5385 punti nel solo anno solare, contro i 2490 di Tomas, i 2420 di Andy Murray, i 1835 di David Ferrer e i 1735 di Stan Wawrinka, che completano la top five, precedendo Roger Federer (1605) e Rafael Nadal (1375).
A sorprendere è la continuità di Berdych, che, in sette tornei, pur non avendo ancora conquistato un titolo, ha raggiunto tre finali, tre semifinali e un quarto, vincendo 27 dei 34 match disputati. Le sconfitte, inoltre, sono giunte tutte contro colleghi top ten: David Ferrer nel match clou di Doha (di certo la battuta d’arresto meno attesa), Andy Murray nelle semi degli Australian Open e di Miami, Stan Wawrinka nell’ultimo atto di Rotterdam, Roger Federer nei quarti di Indian Wells, Novak Djokovic nella semi di Dubai e nella recentissima finale di Monte-Carlo. Al fuoriclasse serbo, per di più, ha strappato un set in entrambi i casi.
Contro gli avversari di caratura anche leggermente inferiore, Tomas si è dimostrato implacabile, battendo, fra gli altri, tre volte Gael Monfils, due Bernard Tomic e una ciascuna Roberto Bautista-Agut, Gilles Simon e Richard Gasquet. A questi vanno aggiunti i successi più prestigiosi, quelli su Nadal a Melbourne e su Milos Raonic (seppure per ritiro) nel Principato.
Insomma, la partnership con il venezuelano Daniel Vallverdu, ex coach di Murray, è partita a gonfie vele, o quasi. Sfumata la possibilità di una collaborazione con Ivan Lendl, altro illustrissimo “ex” del neo-sposo britannico, si temeva che Berdych, ormai vicino ai trent’anni (li compirà a settembre), potesse avviarsi alla fase calante della sua carriera. Le motivazioni, invece, ci sono ancora e il lavoro con Vallverdu, classe 1986 e dunque addirittura poco più giovane di lui, sta funzionando oltre le previsioni.
Quello che manca – e che gli è sempre mancato, anche nei momenti migliori – è l’ultimo passo. Tomas non è mai riuscito ad arrivare fino in fondo, a togliersi in pieno quelle soddisfazioni che in parecchi gli pronosticavano quando si affacciò sul circuito maggiore. È vero, nel 2005, ad appena vent’anni, giunse il sorprendente centro a Parigi Bercy, ma da allora il tennista di Valasske Mezirici non ha più ottenuto un titolo che conti davvero.
Negli Slam l’highlight resta la finale di Wimbledon 2010 persa con Nadal (dopo aver battuto Federer e Djokovic); poi ci sono quattro semi (Roland Garros 2010, US Open 2012, Australian Open 2014-15) e sette quarti. Nei Master 1000, dopo l’acuto iniziale in Francia, Tomas ha raggiunto altre tre finali, venendo puntualmente sconfitto: Miami 2010 (con Andy Roddick), Madrid 2012 (con Federer) e Monte-Carlo 2015 (con Djokovic). Inoltre, ben quattordici stop in semifinale e diciassette nei quarti. Sono “solo” dieci, nel complesso, i titoli Atp, mai più di due per stagione.
Se ne parlava su queste pagine poco più di un anno fa, domandandosi se non fosse ormai tardi per la vera gloria. È inevitabile riproporre ora i medesimi interrogativi. Berdych ha sempre disposto di mezzi fisici di prim’ordine, ma a fargli difetto, oltre a quel pizzico di innata fantasia, è stata probabilmente la convinzione. Il ceco si è ritrovato in un’epoca ricca di fuoriclasse, è riuscito a batterli più volte, seppure in modo saltuario, ma non ha mai dato l’impressione – forse per primo a se stesso – di essere davvero alla loro altezza.
L’inizio anno è stato positivo e confortante, ma, al solito, non è giunto l’acuto in grado di far assumere al tutto un sapore diverso. Il tempo stringe sempre più: ce la farà Tomas a conquistare un trofeo di rilievo o sarà destinato a rimanere il “migliore dei secondi”?
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