TENNIS – DI FABRIZIO FIDECARO – Marcelo Rios vuole che gli sia assegnato il titolo degli Australian Open 1998, vinto sul campo da Petr Korda, che, però, alcuni mesi dopo, fu trovato positivo a un controllo antidoping. Il cileno, che a Melbourne perse 62 62 62 in finale con il ceco, ha ragione?
La scorsa settimana una notizia curiosa è rimbalzata un po’ ovunque nella rete. Marcelo Rios, appoggiato dalla federazione del suo Paese, ha intrapreso una battaglia legale perché gli venga assegnato a tavolino il titolo degli Australian Open 1998. Il cileno, che in carriera è stato numero uno del ranking mondiale ma non ha mai vinto una prova dello Slam, raggiunse in quell’occasione la sua unica finale in un Major, ma fu sconfitto con un triplice 62 da Petr Korda. Nel corso del successivo Wimbledon, il ceco fu trovato positivo a un controllo antidoping per il nandrolone, uno steroide anabolizzante: ebbene, Rios sospetta che il ceco fosse già sotto effetto della sostanza proibita quando si impose a Melbourne e pretende una riapertura delle indagini.
Il “Chino” fa bene a reclamare per sé quel trofeo? No, e a distanza di tutto questo tempo la pretesa suona finanche ridicola. Il tennis non è assimilabile all’atletica, al nuoto, al ciclismo o allo sci, discipline in cui è il cronometro (o il metro) a designare la classifica in maniera oggettiva e insindacabile. Lì, se il primo viene scoperto a barare, il successo viene attribuito a quello che gli si è piazzato immediatamente dietro (e non è nemmeno così automatico, visto che, per esempio, i sette Tour de France tolti al reo confesso Lance Armstrong sono rimasti senza vincitore).
Il tennis, invece, è sport di confronto, e con tabelloni a eliminazione diretta. Se è vero che Korda batté in finale Rios, lo è altrettanto che in precedenza aveva superato altri sei giocatori, e tutti in match più combattuti rispetto a quello con Marcelo. Allora, se anche si dimostrasse che Petr era dopato, che cosa bisognerebbe fare? Richiamare tutti e sette i suoi avversari down under e, a distanza di oltre diciassette anni, farli affrontare tra loro in un torneo dal sapore di Champions Tour? Per primi Albert Portas e Scott Draper, che il mancino di Praga superò al primo e al secondo turno; poi il vincente contro Vincent Spadea, avversario di Petr al terzo, e così via, con il coinvolgimento anche di Cedric Pioline, Jonas Bjorkman e Karol Kucera, e Rios ad attendere l’ultimo indenne in una sorta di Challenge Round. Senza contare che, a voler essere pignoli, potrebbero lamentarsi anche il primo escluso dal main draw per fare posto a Korda, oppure gli eliminati nel round decisivo delle qualificazioni, che avrebbero potuto essere ripescati come lucky loser se l’eventuale infrazione fosse stata accertata in tempo.
Al di là dei paradossi, va ricordato che Kucera, eliminato in quattro set in semifinale, era in gran forma e aveva sconfitto nei quarti niente meno che Pete Sampras. Bjorkman, all’epoca numero 4 Atp, viveva il miglior momento della carriera e con Korda andò avanti di due set prima di cedere al quinto. Portas e Pioline strapparono un set al ceco, mentre Draper e Spadea, quanto meno, lo obbligarono a un tie-break ciascuno. Nel match clou, invece, Rios fu letteralmente spazzato via. Insomma, si tratterebbe del titolo Slam meno meritato della storia.
Il discontinuo tennista di Santiago, incapace di conquistare un Major sul campo, prosegue comunque la sua battaglia. Che richiama alla mente – seppure vada persino oltre – quella di un altro sudamericano, Guillermo Vilas, che chiede di essere riconosciuto numero uno del mondo per la stagione 1977. All’epoca il ranking ufficiale gli preferì Jimmy Connors, e il poeta argentino non ha mai digerito quello che ritiene un affronto. A dirimere la questione sarà un match all’ultimo quindici tra ultrasessantenni?
Il cammino di Petr Korda agli Australian Open 1998
1 Albert Portas 35 63 46 61 64
2 Scott Draper 76 76 63 63
3 Vincent Spadea 79 62 76 62
4 Cedric Pioline 21 64 64 36 63
Q Jonas Bjorkman 4 36 57 63 64 62
S Karol Kucera 20 61 64 16 62
F Marcelo Rios 8 62 62 62
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